di Bianca Bianco (Il Mattino)

AVELLA- Tracce dell’insediamento originario dell’antica Abella sono venute fuori ieri nel corso dello scavo in un fondo privato in via Fiume. Una scoperta rilevante, gli archeologi della Soprintendenza avrebbero portato alla luce una tomba ancora intatta risalente probabilmente al settimo secolo avanti Cristo.
Si tratta di una sepoltura che nei prossimi giorni dovrà essere completamente recuperata. Il ritrovamento è stato effettuato ieri nel primo pomeriggio, ed ha entusiasmato il pool di archeologi guidati dalla funzionaria responsabile Ida Gennarelli.
L’equipe della Soprintendenza ai beni archeologici stava lavorando da giorni in quel fondo, perché erano iniziati dei lavori per una privata costruzione.
Avella ha un sottosuolo che nasconde meraviglie d’altri tempi, negli anni è capitato tantissime altre volte che dalla terra spuntassero arredi, necropoli, cippi fondativi ed altri reperti che aiutano a risalire alle origini della cittadina. Per questo nelle aree di interesse archeologico si compiono dei rilievi approfonditi.
Durante questi scavi, alcuni ritrovamenti di interesse hanno cominciato ad emergere, e subito gli studiosi e la funzionaria Gennarelli hanno intuito che si stava per portare alla luce una scoperta significativa.
La conferma è arrivata ieri pomeriggio quando dal terriccio è spuntata la bocca di una olla, un’anfora panciuta.
Pochi centimetri di terra e sono spuntati altri arredi, piccoli vasi che potrebbero costituire il corredo completo di una tomba del VII secolo. La sensazione degli archeologi è stata dunque ribadita dalla successiva scoperta, che però nei giorni prossimi dovrà essere ulteriormente studiata. Se i primi indizi saranno confermati, si potrà dire con certezza che lo scavo di via Fiume costituisce una testimonianza del primo insediamento di Abella.
L’ultima scoperta, altrettanto rilevante, ad Avella risale allo scorso giugno  quando gli archeologi della Soprintendenza individuarono e portarono alla luce un cippo fondativo, il cippus di Maio Vestirikio, che potrà spiegare il passaggio della cittadina dalla fase osca alla fase romana, e che fu rinvenuto ancora in un fondo privato.
A settembre il cippus fu anche oggetto di un convegno di studi internazionali che si svolse a Taranto. Il reperto, praticamente intatto ed oggi custodito presso l’Antiquarium di via De Sanctis, è una iscrizione in lingua osca che segna una confinazione pubblica, ed è attribuita a quel Maio Vestirikio che fu un notabile dell’epoca, tra il II ed il I secolo avanti Cristo.