sabato, Aprile 20, 2024
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Niffoi, così muore un bandito in Barbagia

niffoidi Bianca Bianco

Bantine Bagolaris ha un proiettile nel cervello. Non è morto ma sa che deve morire. Mentre attende la fine, decide di confessarsi al figlio, quel ragazzo che non lo ha mai conosciuto.

E’ questo il prologo di “La quinta stagione è l’inferno”, racconto dello scrittore sardo Salvatore Niffoi pubblicato nel febbraio del 2014. Un libro scritto nella forma del “flusso di coscienza”, dove però la coscienza del protagonista Bantine è allucinata dalla consapevolezza dell’imminente morte. Riuscirà comunque a spiegare al figlio perché ha quella pallottola in testa. Ma soprattutto perché non è mai stato per lui un padre.

Ambientato a Maragolò, nome di fantasia di una cittadina della Sardegna barbaricina, “La quinta stagione è l’inferno” narra le gesta di Bantine Bagolaris, bandito della Barbagia ricercato dalle forze dell’ordine per reati mai compiuti e poi primula rossa del crimine organizzato romano. Bantine nasce segnato da un’infanzia senza padre, frutto della notte di passione tra la madre ed un selvatico suonatore di launeddas. Il marchio dell’abbandono lo perseguita rendendogli inarrivabile un’esistenza tra i binari della normalità. Conosce Veronica, adolescente seviziata dal padre, si innamorano, si sposano, ma quando lei dà alla luce Remundo, il silenzioso coprotagonista del romanzo, Bantine è costretto a darsi alla macchia per sfuggire alla polizia che ne vuole fare il capro espiatorio per la morte di una sequestrata. Prima trova rifugio nell’ovile di un amico, a picco sul mare, dove trascorre, isolato, forse il periodo più sereno della sua difficile esistenza di bandito. Poi trova una sponda criminale a Roma e si affilia ad un clan della capitale. Diventa Domenico Calindri, travet invisibile che nasconde una vita da sicario, sequestratore, rapinatore. Nel suo allucinato racconto, Bantine spiega al figlio perché la vita l’ha costretto a diventare un assassino, fino ad arrivare all’epilogo in cui chiarisce perché ha un proiettile nel cranio e perché la sua esistenza forse non poteva essere diversa da quella di fuggiasco.

“La quinta stagione è l’inferno” è un romanzo breve che si legge in poche ore. Colpisce e piace il lessico di Niffoi, ex insegnante, che utilizza un vocabolario misto italiano-sardo credibile ed affascinante. Meno credibile il flusso di coscienza del moribondo, a volte troppo costruito e poetico che fa perdere di consistenza un racconto altrimenti potente.

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