venerdì, Aprile 19, 2024
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Umiliazione (e declino) di un vecchio attore decadente

di Bianca Bianco

Facciamo finta che questo non sia un libro di uno dei più grandi scrittori statunitensi. Dimentichiamo il nome di Philip Roth e andiamo avanti. Solo così si può giudicare “L’umiliazione” sottraendolo ai canoni della letteratura “rothiana” e darne una recensione più sincera.

Il libro, edito in Italia da Einaudi nel 2009, è di agilissima lettura. Poche pagine suddivise in tre capitoli: “In aria sottile”, “La trasformazione”, “L’ultimo atto”. In tre parti è infatti scandita l’involuzione di Simon Axler, il protagonista, attore di teatro un tempo osannato da pubblico e critica, invidiato interprete shakespeariano precipitato all’improvviso nel baratro della depressione. Non sa più recitare, ha perso il talento, vive nel terrore della derisione del pubblico fino a giungere al crac sulle scene. Simon, ormai sessantenne, vive il declino artistico senza distacco. La sua crisi diventa ossessione e poi inclinazione autodistruttiva. Pensa a come farla finita (eccezionale il passaggio in cui Roth elenca i personaggi teatrali morti suicidi ed interpretati da Axler sul palco), viene infine ricoverato per alcune settimane in una clinica psichiatrica in cui trae sollievo dai racconti degli altrui fallimenti e tentativi di suicidio. Il recupero sembra arrivare grazie all’ingresso nella sua esistenza di Pegeen Mike, attraente 43enne lesbica figlia di colleghi che decide di “provare un uomo” ed inizia una relazione basata sulla curiosità, sul sesso, sulla mancanza di aspettative.

Potrà questo rapporto sui generis salvare Simon dalla sua deriva? La risposta preferisco che sia il lettore ad apprenderla affrontando la  breve ma non banale lettura de “L’umiliazione”. Con l’avvertimento che questo libro è intriso di pessimismo. Dalla prima all’ultima pagina, con alcuni passaggi, sublimi, in cui Roth spiega magistralmente la fatica di vivere del suo protagonista.

Spiegata la trama, resta da spiegare perché, come scritto in premessa, sarebbe meglio dimenticare che è un libro di Philip Roth. Dall’autore di “Pastorale americana”, “Animale morente”, “Complotto contro l’America”, “La macchia umana”, ci si aspetta libri all’altezza della grandezza dello scrittore tra i più osannati al mondo. Questo non lo è, pur riservando brani carichi della rappresentazione dell’umanità decadente che solo pochi sanno dare. Chi si avvicina a Philip Roth per la prima volta, non lo faccia con questo libro. Sarebbe uno sgarbo ad un grandissimo artista della parola (che l’anno scorso ha annunciato che non scriverà più libri) che merita quel Nobel per la Letteratura che Stoccolma ancora gli nega.

Ps: da questo libro è stato tratto “L’umiliazione”, film presentato a Venezia e che vede nella parte di Simon il grande Al Pacino.

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