giovedì, Marzo 28, 2024
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Giorgio Napolitano: comunista, presidente e comizianese

di Bianca Bianco

La casa natale di Giovanni Napolitano, padre del presidente
La casa natale di Giovanni Napolitano, padre del presidente

COMIZIANO- In una casa all’angolo tra piazza San Severino e via Croce nacque, il 17 febbraio del 1883 Giovanni Napolitano. Avvocato penalista, principe del foro napoletano, poeta, saggista e fine oratore, Giovanni Napolitano era il padre del presidente della Repubblica Giorgio. Lì, in quella casetta che affaccia sulla piazza principale del paese, e poi in una abitazione di via San Nicola numero 1 in cui crebbe nella frazione di Gallo di Comiziano, ci sono le radici del primo presidente della Repubblica italiana che abbia giurato due volte fedeltà alla Costituzione rinnovando il suo settennato al vertice delle istituzioni italiche. Giorgio Napolitano non ha mai vissuto a ‘Cumignano’, i genitori vivevano a Napoli, nel capoluogo partenopeo ha trascorso l’infanzia e studiato (alla Federico II, facoltà di Giurisprudenza); poi si è perfezionato ad Oxford, infine la carriera politica lo ha portato a Roma. Ma l’identità comizianese e nolana, e oseremmo dire anche l’indole schietta e severa dei suoi quasi conterranei, dimostrata fino in fondo nel suo discorso di lunedì quando ha giurato dinanzi le Camere riunite, non lo hanno mai abbandonato. Il legame, ormai allentato perché il presidente non torna da decenni in paese, esiste: è fatto di sangue (quello dei cugini di primo grado e dei nipoti che vivono ancora qui, tra Comiziano e Cicciano) e di orgoglio (quello che i comizianesi mostrano quando si fanno vanto delle ascendenze del presidente). Ce lo spiega il sindaco del piccolo comune dell’Agro, Paolino Napolitano, quando gli chiediamo dei rapporti esistenti tra la comunità che amministra e questo suo illustre ‘figlio’: “L’orgoglio di avere un presidente comizianese, anche se qui non ha vissuto mai, è grande- dice il primo cittadino-. Giorgio Napolitano manca da Comiziano da molti anni, ma per noi resta un figlio di questa terra”. Le ultime occasioni in cui il comunista Napolitano tornò ‘a casa’ furono i comizi da onorevole del Pci che lo portarono nella piazza del paese ad arringare i comizianesi in vista delle elezioni; ma sono passati anni, decenni, anche se quei discorsi pubblici hanno lasciato un ricordo vivido nei più anziani. Napolitano tornava nella terra di suo padre durante la campagna elettorale, e manteneva i rapporti con i parenti più stretti: “Qui viveva Severino, suo cugino da parte di padre, che era identico a lui. E’ morto poco tempo fa, se lo si incontrava non si poteva fare a meno di notare la grandissima somiglianza col presidente- racconta Napolitano guardando la foto istituzionale appesa nel suo ufficio già da sette anni, e che resterà lì per altri sette-. A Cicciano c’è un’altra cugina di primo grado, Rosa Del Litto. Ci sono i suoi nipoti, con cui conserva un buon rapporto. Insomma, il legame tra questa gente ed il presidente non si spezzerà mai, la sua famiglia è ancora qui”. Il Comune di Comiziano ha voluto essere partecipe della rielezione del Capo dello Stato con un breve telegramma inviato qualche giorno fa, in cui si esprimono le felicitazioni per lo storico traguardo del doppio mandato presidenziale (“assunto con enorme sacrificio e senso istituzionale” ricorda il sindaco); ma il rapporto tra la piccola amministrazione comizianese ed il Quirinale non si ferma qui: “A gennaio ho scritto a Giorgio Napolitano perché abbiamo dato alle stampe un libro, “Cumignano e Gallo” di Carlo Ebanista, in cui si cita, tra i personaggi di rilievo della nostra storia, anche suo padre. Volevo lo sapesse. E’ stata un’emozione scrivere al presidente, ho trascorso alcune serate a esercitarmi sulla calligrafia perché volevo vergarla a mano su carta filigranata ed intestata al Comune. Non capita tutti i giorni di scrivere ad un personaggio tanto illustre. La sua segreteria mi ha risposto, il presidente vuole una copia del libro ed abbraccia la nostra comunità”. In cuor suo, il sindaco sperava che, con la fine del mandato presidenziale, potesse essere lo stesso Napolitano a raggiungere il paese e assistere ad una prossima presentazione del saggio storico di Ebanista; speranza sfumata ‘per colpa’ della rielezione: “Ma è giusto così. Ora gli spetta un periodo di grande lavoro per il Paese…”. Ci saranno, si spera, altre occasioni in futuro, magari per l’intitolazione del centro culturale a suo padre Giovanni che, pur avendo vissuto gran parte della sua vita a Napoli, ha lasciato dei ricordi nella cittadina, anche al sindaco: “Ricordo benissimo un episodio che mi raccontava sempre mia sorella. Invitata al matrimonio di un avvocato comizianese, raggiunse la Chiesa proprio sull’auto dell’avvocato Napolitano che del giovane sposo era stato il dominus”. Piccoli racconti privati inseriti in una storia, quella personale del padre del presidente, molto ricca e importante; Giovanni Nicola Severino (aveva tre nomi, come riporta il registro delle nascite del 1883 che il sindaco ci mostra come una reliquia) era figlio di Achille, proprietario terriero, e della maestra Giacinta Del Litto. Oltre che avvocato penalista presso il Foro di Napoli, fu anche un poeta ed un saggista. “Nella gioia di stringerli, ora, eccomi fatto diverso- scriveva nel componimento “Illusione di eterno” dedicata ai figli Giorgio e Massimo (poi ebbe anche Riccardo e Giacinta)- stanco d’aver finito, sono pronto a ricominciare, pur di vederli giocare e portar loro ogni giorno con un giocattolo una nuova immagine dell’universo”. Versi teneri di un uomo che fu anche un rigoroso giurista, un sapiente letterato ed un epigono di Benedetto Croce. Chissà quanto avrà influito questa indole creativa e al tempo stesso rigida sulla formazione del figlio Giorgio, che di sicuro porta nel suo bagaglio di valori gli insegnamenti dei genitori comizianesi. E chissà se avrà pensato a questi versi il presidente, quando ha acconsentito a riprendere su di sé l’onere di guidare una nazione allo sbando e quando si è commosso dinanzi la platea di parlamentari cui ha rivolto parole di sprone e di severissimo rimprovero. A quelle parole d’amore, scritte da suo padre tanti anni fa, fanno eco oggi quelle di Giorgio, parole d’amore anche esse, ma per il suo Paese: “ Bisognava dunque offrire, al paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi : passando di qui una ritrovata fiducia in noi stessi e una rinnovata apertura di fiducia internazionale verso l’Italia. E’ a questa prova che non mi sono sottratto”.

 

 

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