venerdì, Marzo 29, 2024
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Il veleno nel piatto, sapete davvero che…cavolo mangiamo nel Nolano?

di Bianca Bianco

NOLA- Quando entrate dal fruttivendolo,  chiedete da dove vengono i broccoli, i cavolfiori o le melanzane che volete acquistare? No? Forse fareste meglio a farlo. Mangiare prodotti della nostra terra, della Campania Felix (che dio l’abbia in gloria) sta diventando una roulette russa. Le produzioni terriere si riducono, l’economia rurale (quella che un tempo trainava l’economia nolana) ormai è latitante. Secondo le stime della Flai Cgil dell’area nolana vesuviana abbiamo perso negli ultimi anni il 16% delle coltivazioni, soprattutto dei piccoli coltivatori (quelli, per intenderci, che portavano avanti microaziende familiari). Una delle ragioni, come conferma anche Nicola Ricci (sindacalista Flai Cgil) a ilgiornalelocale.it “è la paura di consumare prodotti nostrani” visto il diffondersi di notizie sempre più allarmanti. L’ultima in ordine di tempo, la scoperta fatta dagli uomini del Corpo Forestale dello Stato di un terreno coltivato a broccoli adiacente una discarica di rifiuti speciali a Caivano. Con questi presupposti, a chi verrebbe voglia di mangiare quella verdura? Ma non solo, nell’area di ventimila metri quadrati le divise verdi hanno pure scoperto un pozzo da irrigazione inquinato da floruri, manganese e toluene, un pericoloso solvente talmente corrosivo da non poter essere contenuto in recipienti di plastica. Come vogliamo chiamarli allora quei broccoli? Broccoli al toluene? Broccoli- spazzatura? Il problema, purtroppo, non riguarda solo Caivano. Peppe Ruggiero, scrittore e giornalista, ci ha scritto un libro che si intitola “L’Ultima Cena”. E parla anche dell’area nolana, del triangolo della morte, definendola “terra avvelenata, terra bella”. Perché la nostra terra è bella, davvero bellissima. Si coglie ancora la sua fertilità, in quegli scampoli che resistono al cemento. Si ammira il verde e la dedizione con cui ancora si continua a coltivare. Ma è avvelenata, questa terra. Qui oggi si coltiva nei pressi di discariche, legali ed illegali. I rifiuti bruciano vicino i campi di lattuga, l’amianto giace accanto le distese di cavoli. Un avvelenamento che, scrive Ruggiero, ha origini lontanissime. Il nostro pensiero corre a Boscofangone. Oggi ci porta alla mente i centri commerciali, i treni. Un tempo era tutta campagna. Lì sotto, l’ha detto il pentito Carmine Alfieri, giacciono tombati rifiuti tossici del Nord Europa. Lì intorno qualcuno ancora coltiva. Ma con quale acqua? E con quale sicurezza per i suoi prodotti? L’Arpa (agenzia per l’ambiente) in un documento di sei mesi fa presentato alla Regione ha scritto: “L’attività di verifica sul campo delle caratteristiche tecniche dei pozzi ha incontrato, purtroppo, difficoltà crescenti dovute alla mancanza di dati reali dei proprietari degli appezzamenti si cui insistono i pozzi”. L’abbandono delle campagne, la crisi dell’economia agricola e la trascuratezza del territorio, insomma, rendono difficile anche il solo monitoraggio. In questa assenza di dati certi e di impegni concreti per il monitoraggio, mentre i rifiuti, le discariche, le cave ed il cemento, divorano il Nolano felix, l’agricoltura muore. E moriamo anche noi. Mangiando.

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