venerdì, Marzo 29, 2024
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Frode fiscale e fatture per operazioni fantasma, sequestrati beni per 3 milioni ad azienda calzaturiera

SALERNO –  Si sta svolgendo, in queste ore, ad opera della guardia di finanza,il sequestro preventivo di 3 milioni di euro sull’intero patrimonio di un’imprenditrice di Padula, amministratore di una S.r.l. operante nel settore delle calzature con sede legale ed operativa in Sassano , e di un professionista di Sala Consilina , consulente contabile della citata società. I due sono accusati di aver emesso fatture per “operazioni inesistenti”, frode fiscale ed indebita compensazione di crediti Iva in sede di dichiarazione annuale. Le indagini condotte dalle Fiamme Gialle hanno, infatti, hanno evidenziato che i due avrebbero emesso falsi documenti contabili nei confronti di una società di logistica e servizi con sede a Castelfranco di Miscano (Bn), che si occupava di raccogliere presso vari calzaturifici italiani componenti che poi spediva in Albania, per risparmiare sulla manodopera, riconsegnando il prodotto finito ai calzaturifici da cui provenivano le materie prime. Tuttavia, a fronte di ogni bonifico bancario sono stati rilevati prelievi di denaro contante per importi corrispondenti pur trattandosi di somme superiori anche ai 100 mila euro. Inoltre, le scritture contabili e le dichiarazioni annuali della società salernitana erano state ad hoc predisposte per camuffare tali ingenti operazioni, inserendo costi fittizi, riportati in bilancio come “giroconti”, privi di qualsivoglia giustificazione civilistica e fiscale. L’esame incrociato delle scritture contabili di entrambe le aziende ha ulteriormente confermato tali ipotesi investigative, poiché nel bilancio d’esercizio della società beneventana le fatture d’acquisto risultavano pagate solo in parte, evidenziando debiti nei confronti dell’azienda sassanese per oltre 2,5 milioni di euro, artificio ad hoc predisposto per accedere alle procedure fallimentari. Avendo il calzaturificio di Sassano emesso false fatture di vendita per oltre 5 milioni di euro, per compensare la conseguente posizione debitoria nei confronti dell’erario, sia ai fini dell’Iva sia ai fini dell’Ires, gli indagati avrebbero predisposto dei veri artifizi contabili, consistiti nell’anteporre in dichiarazione delle cifre all’importo reale degli acquisiti, in modo da “gonfiarli a dismisura”. Mediante tale stratagemma, sono stati simulati costi per oltre 4,5 milioni di euro e l’azienda è così risultata creditrice nei confronti del fisco, incassando rimborsi per circa 300 mila euro. Per tali motivazioni, il consulente contabile è stato deferito alle competenti Autorità per aver infedelmente apposto il c.d. ”visto di conformità”, avendo certificato all’Agenzia delle Entrate l’esistenza e la legittimità di tale credito d’imposta. Analogo provvedimento cautelare è stato disposto anche nei confronti dei beni della società.

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