venerdì, Aprile 26, 2024
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Rifiuti tossici nell’area Asi di Nola, boss Nino fece uccidere il pastore che gestiva business

Alfonso Nino
Alfonso Nino

POLVICA DI NOLA- Un omicidio chiesto e fatto eseguire per impedire le attività estorsive e soprattutto i traffici di rifiuti di Francesco Affinita. Questo il presunto movente dell’omicidio del pastore di Polvica, trucidato a colpi di pistola nel novembre 2002 da un commando spedito in via Marigliano dal boss Alfonso Nino. Quest’ultimo, già detenuto, oggi è stato raggiunto da nuova ordinanza di arresto proprio per questo assassinio avvenuto nell’ambito delle lotte dei clan per i predominio sull’area nolana. Ma questo drammatico episodio di camorra dà pure conferma di un aspetto molto più grave: in quegli anni avvennero e con costanza sversamenti di bidoni con rifiuti tossici e speciali nell’area Asi di Nola. E anche per interrompere il seppellimento di questi bidoni Alfonso Nino sarebbe intervenuto chiedendo la testa di Affinita.

Lo racconta ai magistrati nel 2004 un collaboratore di giustizia, un imprenditore legato alla camorra che spiegò i retroscena della morte di Affinita. Quest’ultimo era pastore nella zona Asi e, dichiarò il pentito, aveva un accordo con alcune ditte per lo smaltimento illecito nei fondi della zona Asi di Nola di bidoni pieni di rifiuti che per il testimone erano “tossici e speciali”. Il pastore avrebbe ottenuto da 100 a 200 euro per ogni camion. Un business che univa alle estorsioni ai danni delle imprese della zona.

Il boss Nino non vede di buon occhio questo affare del pastore. Prima di tutto, dice il collaboratore “perché culturalmente era contrario ai rifiuti tossici, perché facevano male alla salute dei bambini”. Ma c’erano anche altri motivi, ben più prosaici, dietro la rabbia del boss: il pastore faceva estorsioni alle ditte della zona, “lavoro” in cui era specializzato il suo clan. Quindi a Polvica lo vedeva come un rivale. Poi perché con i traffici di rifiuti aveva portato i carabinieri ad essere più presenti sulla zona una volta che si era sparsa la voce dei veleni tombati in zona Asi. In un caso intervennero anche le telecamere della Rai perché dai bidoni erano fuoriusciti fumi tossici che intossicarono alcuni operai. Queste circostanze avrebbero indotto il capoclan a ordinare la morte di Affinita.

Morte che avvenne il 30 novembre, 11 giorni dopo il raid di due sicari. Il commando lo raggiunse la sera del 19 novembre sulla via per Marigliano, a Polvica, mentre era alla guida della Audi 80 della moglie, e gli spararono in faccia ed al fianco sinistro. Rimase gravemente ferito ma potè raccontare in ospedale di avere visto chi gli aveva sparato, descrivendo gli uomini e l’auto, una Croma scura, che lo aveva affiancato. La verità sulla sua morte è venuta fuori però solo dopo 11 anni ed una serie di dichiarazioni di pentiti considerate affidabili.

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