venerdì, Marzo 29, 2024
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Shopper bio per la spesa, ‘fuori legge’ 20 sacchetti su 37 nella grande distribuzione

busta1‘Fuori legge’ più della metà dei sacchetti per la spesa. È questo il risultato della campagna di monitoraggio di Legambiente, effettuata tra fine novembre 2014 e le feste di Natale, per valutare il rispetto della legge, ormai in vigore da anni, che mette al bando i sacchetti non compostabili. Nel dettaglio, su 37 sacchetti per la spesa prelevati presso diversi punti vendita della Grande distribuzione organizzata in sette regioni, ben 20, pari al 54% del totale, sono risultati non conformi alla legge. Le shopper irregolari sono state prelevate in cinque regioni: Campania (7 sacchetti), Basilicata (6), Puglia (3), Calabria (3) e Lazio (1). Quelle prelevate in Lombardia e Veneto sono, invece, risultate regolari. A livello provinciale la situazione è la seguente: Potenza (6 sacchetti non conformi), Avellino, Bari e Napoli (3), Vibo Valentia (2), Benevento, Catanzaro e Roma (1). “Siamo di fronte a un diffusa situazione di illegalità nel settore delle buste per l’asporto delle merci, e questo è evidente nonostanteabbiamo evitato di fare verifiche sui tanti piccoli negozi commerciali e sui mercati rionali, dove la situazione è visibilmente ancor più grave, anche a causa di una azione capillare da parte di alcuni distributori che vendono, anche online, sacchetti palesemente fuori legge”, ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Stefano Ciafani. “La questione degli shopper illegali nella grande distribuzione segnalata da Legambiente è molto seria e merita un approfondimento”, sottolinea Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera. “Per fare piena luce sul fenomeno – fa sapere – ho depositato una interrogazione ai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico. In assenza di controlli, infatti, anche una legge importante come quella sui bio-shopper, che ha posto il nostro Paese all’avanguardia in Europa sia dal punto di vista dei comportamenti che delle pratiche industriali innovative e virtuose, rischia di essere vanificata”. “La ricerca di Legambiente conferma che in questo Paese continua ad esserci la cattiva abitudine di ignorare le leggi – commenta Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club -. Sta alle forze dell’ordine e alla magistratura adesso farla rispettare. Grazie al talento italiano che ha fatto delle nostre imprese le leader mondiali del settore nella chimica verde e, per una volta, grazie alla lungimiranza del legislatore, abbiamo di fronte a noi una straordinaria occasione di innovazione e difesa dell’ambiente. Non lasciamocela scappar di mano per ignavia”. Ma quali caratteristiche deve avere un sacchetto conforme alla legge? Legambiente fa il punto: i sacchetti monouso biodegradabili e compostabili conformi alla legge, che possono essere tranquillamente utilizzati anche per la raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti, devono avere la scritta ‘biodegradabile e compostabile’; la citazione dello standard europeo ‘UNI EN 13432:2002’; il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo (Cic, Vincotte e Din Certco sono i più diffusi). Tutti i sacchetti che non riportano queste specifiche danno un’informazione sbagliata e non sono conformi alla legge, spiega l’associazione. La messa la bando della commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili e non compostabili – ricorda Legambiente – venne approvata nel dicembre del 2006 a seguito di un emendamento dell’allora senatore Francesco Ferrante alla legge finanziaria 2007 (n. 296/2006). Alla legge finanziaria 2007 sono seguite diverse norme, la principale delle quali (decreto legge n. 2 del 25 gennaio 2012, convertito nella legge n. 28 del 24 marzo 2012) ha ulteriormente definito i dettagli del bando. La proposta di direttiva europea definita nella primavera del 2014, alla fine della scorsa legislatura europea, ha fatto proprio l’impianto della normativa italiana. Per chi commercializza sacchetti non conformi o false ‘buste-bio’, dal 21 agosto del 2014, le sanzioni amministrative pecuniarie vanno dai 2.500 euro ai 25.000 euro. Cifra che può essere aumentata fino al quadruplo del massimo (quindi 100.000 euro), se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l’asporto oppure un valore della merce superiore al 20% del fatturato del trasgressore (art. 4, legge 28/2012). (adnkronos)

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