sabato, Aprile 20, 2024
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Suite francese, il capolavoro che nemmeno i nazisti hanno cancellato

SUITE_FRANCESE_POSTER_DEFdi Bianca Bianco

Una storia d’amore tra una ragazza francese ed un ufficiale tedesco durante l’occupazione nazista della Francia. Le premesse ci sono già tutte perché “Suite francese”, film nelle sale italiane dal 12 marzo interpretato tra gli altri dalla bravissima Michelle Williams (l’indimenticata Jen di Dawson’s Creek), sia un successo al botteghino. La speranza è che la pellicola del britannico Saul Dibb faccia anche conoscere al grande pubblico il bellissimo romanzo di Irene Nemirowsky da cui è tratto. Un libro che vale la pena leggere anche per conoscere la drammatica storia della sua autrice, ebrea francese deportata ad  Auschwitz prima che potesse completare “Suite francese”- che nei suoi progetti doveva comporsi di cinque parti- e  uccisa nelle camere a gas. Scrittrice di successo negli anni 30, il suo ultimo manoscritto “Suite francese” è rimasto chiuso in una valigia che le figlie, rimaste orfane e scampate ai campi di concentramento, non aprirono per 50 anni per poi essere scoperto e pubblicato nel 2004. Sessanta anni dopo la tragica fine della sua autrice.

“Suite francese” doveva essere per la Nemirowsky un poema sinfonico in cinque parti che narrasse l’epopea della Francia occupata dai tedeschi nella Seconda guerra. Ci ha lasciato solo due parti, “Tempesta di giugno” e “Dolce”. Due piccoli capolavori che fanno rimpiangere che la scrittrice non abbia potuto completare il suo progetto così da farci conoscere i destini dei suoi personaggi. Ciononostante l’opera non perde la sua forza. In “Tempesta di giugno” racconta i giorni folli e disperati in cui la Francia si arrende all’avanzata nazista e poi sigla l’armistizio. Parigi diventa possibile bersaglio della contraerea nemica così migliaia di cittadini abbandonano le loro case, il lavoro, le sicurezze, per raggiungere paesi rurali in cui mettersi al sicuro. Non tutti ci riusciranno. La Nemirowsky racconta dell’esodo di alcuni di quei francesi prendendoli da diverse classi sociali. I modesti impiegati Michaud, marito e moglie con un figlio in guerra; il figlio Jean Marie, ferito e curato da una famiglia di contadini; il borioso scrittore Gabriel Corte con la sua compagna Florence, l’avaro Charles Langet, i ricchi  Pericaud, il loro figlio prete e martire Philippe, l’altro figlio Hubert. Storie diverse con cui l’autrice tratteggia alla perfezione vizi e virtù umane amplificati dalla tragedia della guerra. Alcune storie, come quelle che narrano la fine di Philippe e di Langet, sono brani di grandissima letteratura.

Il secondo capitolo, “Dolce”, pur intrecciandosi grazie ad alcuni personaggi al primo, è totalmente autonomo. E’ da questo che è stata tratta la trama del film in uscita ed è incentrato sul rapporto tra Lucile, borghese sposata ad un marito mai amato e prigioniero di guerra, e Bruno, ufficiale tedesco che occupa la casa della signora Angellier, arcigna suocera con cui Lucile convive. Bruno e Lucile vivono il progressivo ed intenso mutare della loro forzata convivenza e capiscono, tra silenzi, pomeriggi piovosi trascorsi al piano, brevi dialoghi, che quell’incontro favorito dalla guerra nasconde una realtà che nessuno può accettare. Lucile è francese, Bruno l’odiato occupante nazista. Ci sono le premesse per un dramma romantico ed umano che viene raccontato dalla Nemirowsky con il suo stile apparentemente semplice eppure capace di riportarci a quei giorni di morte e intolleranza ed a farceli rivivere. Il finale è aperto, anche a causa della precoce fine di Irene Nemirowsky.

La lettura di “Suite francese” è consigliata soprattutto prima di assistere alla proiezione della sua resa cinematografica. E’ anche un omaggio alla sua scrittrice, talento che nemmeno la follia nazista è riuscito a cancellare. “È una sensazione straordinaria quella di aver riportato in vita mia madre” ha affermato la figlia Denise Epstein, “Dimostra che i nazisti non sono veramente riusciti a ucciderla. Non è vendetta la mia, ma è una vittoria”

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