CIMITILE (Nello Lauro- Il Mattino)- La chiamano la Pompei della cristianità. Un crocevia per lo spirito. Basiliche paleocristiane di Cimitile, provincia di Napoli. Talmente belle da essere invisibili, quasi nascoste. In molti le conoscono, ma in pochi ci sono poi veramente andati. Mentre i turisti crescono in maniera esponenziale a Pompei, Ercolano e riscoprono la Reggia di Caserta, qui, nella zona che l’imperatore Augusto scelse come buon retiro, i numeri sono risibili, impietosi. Poco meno di dieci paganti al giorno per uno dei luoghi religiosi più suggestivi e magnetici del mondo. Numeri che riescono a risalire solo grazie a due eventi prestigiosi come il premio letterario Cimitile, giunto alla sua ventiduesima edizione e il Pomigliano Jazz che portano a Cimitile star e personaggi della cultura, della politica e dello spettacolo con serate trasmesse anche sulla Rai. Anche questo inizio di 2017 conferma l’allergia dei turisti alle basiliche: da gennaio ad aprile sono 1134 (media di 9 al giorno) le persone che hanno pagato il tagliando (4 euro intero, 2 ridotto) per varcare il complesso che conta sette edifici di culto. E non è andata meglio nel corso di questi ultimi tre anni stando ai dati ufficiali. Nel 2014 il minimo di biglietti staccati: appena 3017 (8300 euro di incasso). Nel 2015 il totale delle persone che ha pagato il ticket di ingresso è stato 3182 (8058 euro). Leggermente meglio lo scorso anno quando sono stati in 3564 (9300 euro) a scegliere il sito di via Madonnelle. Ancora lontani dai numeri, comunque bassi, del 2004 quando 4856 visitatori affluirono a Cimitile. Cifre comunque infinitesimali se confrontate a quelle di Pompei (3,2 milioni nel 2016, media di oltre 8mila al giorno) e della stessa Caserta (670mila visitatori, quasi 1900 al giorno). Fisicamente vicine ma turisticamente di altre galassie. Basti pensare che il numero di paganti annui di Cimitile è lo stesso che gli scavi archeologici pompeiani totalizzano in poco più di due ore o che il palazzo disegnato da Luigi Vanvitelli realizza in mezza giornata. Ma oltre ai freddi e asfittici incassi Cimitile resta un luogo dimenticato: a nulla sono servite le iniziative della ex amministrazione appena sciolta dal prefetto e guidata dall’ex sindaco Francesco Di Palma e gli spot (uno realizzato anche per gli Autogrill) per far conoscere il luogo dove pregò Giovanni Paolo II nel 1992 e dove la leggenda racconta che fu fatto prigioniero e condannato a morte San Gennaro: il futuro patrono di Napoli uscì indenne da una fornace ardente che è ancora in piedi. Tutto sotto lo sguardo di quello che viene definito il primo campanile della cristianità che osserva la suggestiva basilica dei Martiri in cui furono rinvenute tracce del culto gnostico della Maddalena. Con altre meraviglie nascoste, tra cui varie tombe pagane e altri superbi affreschi gestiti da due dipendenti (uno prossimo alla pensione). Una bellezza che non lascia indifferenti. Ma niente. Le basiliche paleocristiane di Cimitile sono lontane anche dai margini del turismo di massa, quello scolaresco e restano un sito di “nicchia” soprattutto per turisti italiani del Nord Italia, tedeschi, francesi (in particolare da Bordeaux, città di San Paolino, governatore romano convertitosi e diventato vescovo di Nola) e per studenti di architettura. Ma perché? Prova a spiegarlo l’architetto Michele Papa, responsabile dell’area tecnica del comune: “Cimitile è visitata da tanti studiosi e architetti di fama mondiale e sono un gioiello per gli intenditori. Al turista di massa non basta visitare in due ore un sito senza che ci siano poi altre offerte nell’area. La mancanza di un sistema integrato e organizzato penalizza l’intero indotto in quanto i visitatori non si fermano nei nostri ristoranti e nei nostri alberghi. In più la scarsa comunicazione fa il resto”. E proprio ieri durante un convegno nelle basiliche l’architetto di fama mondiale Franco Purini ha detto: “Cimitile ha un senso di fiabesco, è così bella che sembra non esistere. Pietre col sangue dentro, io le tocco e ne sento il calore”. Un peccato non cristiano, ma un delitto per la cultura.