venerdì, Marzo 29, 2024
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Campania, più della metà delle famiglie non arriva a fine mese

In Campania più della metà delle famiglie (il 54,6%) arriva con difficoltà o con grande difficoltà a fine mese. A seguire ci sono Sicilia (47%), Sardegna (43%) e Calabria (42,5%). A confronto il problema non sembra sussistere nella Provincia Autonoma di Bolzano (8,7%), di quasi dieci punti percentuali distante dal Friuli Venezia Giulia (19,2%) e dalla vicina provincia di Trento (19,2%). È quanto emerge dal primo rapporto lavoro nel Mezzogiorno realizzato dall’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro su dati Istat realizzato e presentato in occasione del 5° Forum Lavoro, occupazione, imprese libere professionì, organizzato dal consiglio provinciale dell’ordine dei consulenti del lavoro di Napoli e dall’Ancl Napoli, il 19 aprile presso la Stazione Marittima.

La ricerca sulla situazione occupazionale al Sud mette a fuoco come la parziale ripresa in corso non investa ancora significativamente il Mezzogiorno e come in questi mesi la distanza tra le regioni del Nord e del Sud Italia sia aumentata, sia dal punto di vista della ricchezza che del dato occupazionale. L’analisi dell’Osservatorio misura il divario in termini occupazionali tra la fase dell’economia industriale (dati 1977) e l’attuale fase economica postindustriale (dati 2017): il differenziale occupazionale tra Nord e Sud è passato dal 9% a più del 20% in 40 anni, a svantaggio del Mezzogiorno. I dati del 2017 sono emblematici e consegnano una Italia divisa in due come mai era stata prima: con ben 20 province del Nord Italia che hanno raggiunto e superato il livello occupazionale di Paesi come l’Austria e la Germania (Bologna, Milano, Piacenza, Bolzano in testa) e 25 province del Mezzogiorno che si collocano sui peggiori livelli europei, confrontabili con la Romania e la Grecia (Caltanisetta, Foggia, ma anche Napoli non arrivano ad un tasso di occupazione di almeno il 40 per cento).

Sono, ancora una volta, i numeri a parlare. In Italia la spesa di 750 milioni l’anno serve a coprire il costo di meno di 9 mila dipendenti dei centri per l’impiego pubblici. In Francia i 50 mila addetti dei ‘pôle emploì costano al Paese 5,5 miliardi di euro. In Germania, invece, i 110 mila addetti ai servizi per il lavoro fanno registrare un investimento organizzativo che supera gli 11 miliardi di euro. La maggioranza dei centri pubblici italiani non offre alle imprese un servizio per la copertura dei posti vacanti e quindi non è in grado di proporre ai disoccupati registrati offerte di lavoro, limitandosi a erogare misure di orientamento e di formazione. In Italia i servizi pubblici per l’impiego potranno funzionare solo con la collaborazione degli operatori privati autorizzati. «La questione dello sviluppo, possibile o mancato, del Mezzogiorno – commenta il presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca – è del tutto centrale rispetto allo sviluppo dell’intero Paese. Infatti, si può meglio fronteggiare il fenomeno della disoccupazione facendo crescere le Regioni del Sud d’Italia, che hanno margini molto più ampi di quelle del Nord. Nei decenni scorsi abbiamo assistito ad un fenomeno di sviluppo collegato tra le due macro-Regioni del nostro Paese». «Alla crescita delle aree del settentrione – continua – corrispondeva una crescita più limitata nel Meridione, ma che faceva comunque rilevare un segno positivo. Questo fenomeno ha portato, per esempio, Napoli ad essere per decenni tra le prime cinque province industriali italiane. I dati dell’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro – sottolinea De Luca – mostrano, invece, come la parziale ripresa in corso non impatti significativamente o non impatti affatto il Mezzogiorno e come in questi mesi la distanza tra le regioni del Nord e del Sud Italia sia aumentata e non diminuita». In questo contesto, conclude, “è fondamentale, quindi, il ruolo centrale di una politica economica e di investimenti mirata allo sviluppo del Sud, dando così sostegno alle politiche del lavoro orientate all’effettivo inserimento dei lavoratori”.

“La questione meridionale è più che attuale e necessita che il governo intervenga con misure mirate e strutturali. Emblematico è, infatti, il dato del divario dell’occupazione tra Nord e Sud emerso dal rapporto dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro. Tale divario – chiosa Edmondo Duraccio, presidente dei Consulenti del Lavoro di Napoli – ai tempi dell’economia prevalentemente industriale del 1977 era del 9% mentre oggi, rilevazioni del 2017, è più del 20%. Quindi, un’Italia spaccata in due”.

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