mercoledì, Dicembre 4, 2024
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Il Covid è costato 2 miliardi di euro alle grandi città italiane

L’emergenza pandemica da Covid 19 è costata alle grandi città italiane oltre due miliardi di euro. Risorse che sono state compensate dal governo attraverso lo strumento del cosiddetto “fondone” e sulle quali la Ragioneria generale dello Stato sta tirando le somme per vedere chi ha avuto più del dovuto e deve quindi restituire le risorse eccedenti, e chi invece è a credito e riceverà ulteriori rimborsi.

Secondo una elaborazione di Centro studi enti locali che riguarda i Comuni italiani con più di 150mila abitanti e basata su dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, in termini pro-capite, le grandi amministrazioni sulle cui casse il Covid-19 ha colpito più duramente sono state, nell’ordine: Venezia, in cui la pandemia è costata l’equivalente di 703 euro a cittadino, Milano (486 euro a testa) e Firenze (246 euro). Il podio della spesa inferiore procapite spetta invece a Taranto con 64 euro a testa, seguita da Napoli (71) e Prato (80). In termini assoluti, la città in cui il conto del Covid è stato più salato è Milano (oltre 650 milioni), seguita da Roma (quasi 370 milioni) e Venezia (177 milioni).

Importanti anche le mancate entrate e le spese registrate da Torino (145 milioni) e Palermo (143 milioni). A Napoli la pandemia è costata 71 euro per ogni cittadino. I costi totali, tra spese registrate e mancate entrate, per il capoluogo campano, sono stati di quasi 65 milioni e 380 mila euro. Napoli è penultima, tra le grandi città, per la spesa pro capite, ‘preceduta’ solo da Taranto con 64 euro a testa mentre la città dove la pandemia è costata di più è Venezia con 703 euro.

Per calcolare il “costo del Covid” per ogni Comune le principali voci prese in considerazione nelle certificazioni inviate da ogni ente al Mef riguardano – sul fronte costi – l’acquisto dei dispositivi per assicurare il distanziamento sociale, la sanificazione degli ambienti e le spese legate alle corse aggiuntive nel servizio di trasporto urbano ed extra-urbano per garantire la riapertura delle scuole. Per le mancate entrate, si è tenuto conto dei minori introiti derivanti dalle restrizioni anti-pandemiche di tributi come l’Imu, l’imposta di soggiorno o la tassa per l’occupazione del suolo pubblico.

 

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