AFRAGOLA (nl) – Il volto scavato dal dolore, le lacrime che non si fermano, le parole che si spezzano nel pianto. Enza Cossentino, la madre di Martina Carbonaro, la 14enne uccisa ad Afragola dal suo ex fidanzato Alessio Tucci, racconta con voce rotta la tragedia che ha strappato via per sempre la sua unica figlia. Una storia che è diventata una ferita collettiva. “I miei vicini dicevano che era uno bravo. A sapere che poi si è rivelato un mostro”, dice Enza, pensando a quel ragazzo di 19 anni, Alessio Tucci, che aveva frequentato sua figlia e che ora è accusato di omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere. Non riesce a capacitarsi: “Anche quando erano in corso le ricerche, è stato a casa mia. Mi aiutava a cercarla. Ma ho pensato subito che c’era qualcosa che non andava”. Il racconto della madre è una sequenza di dolori e segnali che oggi assumono un significato terribile. “Si erano lasciati due settimane fa – spiega – dopo che le aveva dato una sberla. In quell’occasione dissi a mia figlia di stare attenta”. Ma Martina, forse ancora affezionata, aveva accettato di incontrarlo ancora una volta. Un incontro che si è trasformato in tragedia. “L’ho sentita l’ultima volta alle 20:15 di lunedì. Le ho chiesto quando sarebbe tornata per cena. Poi più nulla”, racconta ancora Enza. Lo smartphone di Martina non è stato ancora ritrovato, ma sarà cruciale per ricostruire gli ultimi spostamenti. “Quando l’ho sentita, ho percepito che era alterata. Forse lui era con lei”, aggiunge la donna, con quel nodo che diventa certezza solo dopo. Martina aveva sogni semplici e grandi: era iscritta al primo anno dell’istituto alberghiero e voleva diventare una chef stellata. Voleva viaggiare, cucinare, costruirsi un futuro. Tutto cancellato, in un attimo. Enza è devastata, ma lucida nella richiesta che ora l’accompagna come un mantra: “Voglio giustizia. Voglio l’ergastolo per questo ragazzo. Che peccato ha fatto mia figlia?”. E con voce spezzata aggiunge: “Ho saputo che è stata messa in un sacco della spazzatura. Ma come si può fare questo a una ragazzina?”. A chi le chiede come riesce ad andare avanti, risponde solo: “Ora tornerò a casa e troverò la sua stanzetta vuota. Era bella come il sole. Era tutto per me. Ora non ho più niente”. Il dolore di Enza è quello di una madre che non ha potuto proteggere sua figlia dall’odio camuffato da amore. Un dolore che scuote le coscienze, che impone una riflessione dura e urgente: l’amore non può diventare possesso, e nessuna giovanissima dovrebbe morire per essersi opposta a un sentimento malato. “L’amore può finire – conclude Enza – ma si può morire così?”. Una domanda che resta sospesa, come il vuoto che Martina lascia dietro di sé.