Nel sistema sanitario pubblico italiano ogni prestazione ambulatoriale – che si tratti di una visita specialistica o di un esame diagnostico – deve essere eseguita entro un tempo stabilito, che non è casuale ma legato a un preciso codice di priorità. Questi codici, indicati dal medico al momento della prescrizione, sono noti con le lettere U, B, D e P, ognuna delle quali rappresenta un diverso grado di urgenza clinica e stabilisce in quanto tempo la prestazione deve essere garantita dal Servizio Sanitario Nazionale. Il codice U indica l’urgenza: si utilizza quando il paziente necessita di una valutazione o di un esame entro 72 ore, perché la condizione clinica potrebbe essere particolarmente critica. La lettera B, invece, indica che la prestazione va eseguita entro dieci giorni, perché pur non essendo urgente, la situazione richiede comunque tempi brevi per evitare complicazioni o disagi. Più dilatati sono i tempi previsti per le prestazioni contrassegnate con la lettera D, ovvero differibili: in questo caso si parla di 30 giorni se si tratta di una visita, e fino a 60 giorni per esami diagnostici. Infine, la lettera P sta per programmata, e indica che la prestazione deve essere garantita entro un massimo di 120 giorni, solitamente per controlli periodici o monitoraggi di patologie già note.
Tuttavia, non sempre il sistema riesce a garantire le prestazioni nei tempi stabiliti. Ma cosa accade quando questi limiti non vengono rispettati? La legge è chiara: se l’Asl non è in grado di garantire la visita o l’esame nei tempi previsti dal codice di priorità indicato dal medico, il cittadino ha il diritto di ricevere la prestazione in regime intramoenia, ovvero presso lo stesso ospedale ma in libera professione, oppure in una struttura privata convenzionata, e tutto questo senza costi aggiuntivi, salvo l’eventuale ticket se previsto. Si tratta di un diritto poco conosciuto, ma fondamentale per garantire l’equità di accesso alle cure. Anche per i ricoveri programmati esiste una classificazione basata su urgenza e gravità. Alcuni devono essere effettuati entro 30 giorni, in presenza di condizioni che potrebbero aggravarsi rapidamente. Altri possono attendere 60 o 180 giorni, a seconda dell’intensità del dolore o del grado di disabilità, fino ad arrivare ai ricoveri meno urgenti, da eseguire comunque entro l’arco di un anno. Anche in questi casi, è il medico a valutare e indicare la classe di priorità, vincolando la struttura sanitaria al rispetto dei tempi stabiliti. (Amda)