È stata denominata “Pomelia” l’operazione condotta nelle prime ore di questa mattina dai carabinieri del comando Provinciale di Genova, che ha portato all’esecuzione di 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti, tutti originari del Napoletano. L’accusa: associazione per delinquere finalizzata alle truffe aggravate ai danni di persone anziane. L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Genova e sviluppata dal Nucleo Operativo della compagnia di Genova San Martino, ha visto impegnati circa 100 militari dei comandi di Genova e Napoli, con il supporto tecnico e operativo di reparti specializzati. L’attività investigativa ha permesso di smantellare una rete criminale ben strutturata, guidata da una coppia già nota alle forze dell’ordine: Alessandro D’Errico e Antonietta Mascitelli, soprannominati all’interno dell’organizzazione “lo zio” e “la zia”. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il gruppo era suddiviso in tre componenti: logistica, telefonica e operativa. La prima si occupava di fornire auto a noleggio, cellulari e B&B per ospitare i cosiddetti “trasfertisti”. La seconda includeva i “telefonisti” con base a Napoli, che simulavano la voce di marescialli o avvocati per raggirare le vittime. La terza era costituita da complici incaricati di ritirare, direttamente presso le abitazioni degli anziani, denaro e gioielli.
I truffatori usavano due tecniche ricorrenti: fingevano che un familiare della vittima avesse causato un incidente e che fosse necessario pagare per evitare conseguenze legali o si spacciavano per parenti, riferendo di vincite o pacchi da ritirare, per cui servivano somme urgenti di denaro. Durante l’indagine, sono stati documentati 43 episodi (28 truffe consumate e 15 tentate), per un bottino complessivo superiore ai 330mila euro. Due truffatori erano già stati arrestati in flagranza, con il recupero di 10mila euro in contanti. L’organizzazione agiva in tutta Italia, partendo da Napoli la domenica sera per restare in trasferta fino al sabato. Le vittime venivano selezionate tramite “chiamate filtro” a numeri fissi: se rispondeva una voce anziana, si attivava la truffa. Durante la telefonata, l’anziano veniva tenuto al telefono per tutto il tempo necessario affinché non potesse contattare familiari o le forze dell’ordine. Un sistema collaudato, alimentato da sim intestate a persone irreperibili, telefoni di vecchia generazione e comunicazioni tramite social, per ostacolare l’identificazione da parte degli investigatori.