NOLA (Nello Lauro) – Dal web all’ospedale, passando per un vortice di polemiche che ha travolto la sua vita in poche ore. È il dramma di Stefano Addeo, docente 65enne di tedesco del liceo “Enrico Medi” di Cicciano, finito al centro di una bufera nazionale per un post pubblicato su Facebook, nel quale augurava la morte alla figlia della premier Giorgia Meloni, evocando il femminicidio della giovane Martina Carbonaro. Nelle scorse ore, Addeo ha tentato il suicidio ingerendo un mix di circa 50 psicofarmaci accompagnati da alcol. Prima di compiere il gesto, l’uomo ha chiamato la dirigente scolastica Anna Iossa, confidandole la sua intenzione di farla finita. È stata proprio la preside a dare immediatamente l’allarme, consentendo l’intervento tempestivo dei carabinieri e del 118. Il professore è stato soccorso presso la sua abitazione a Marigliano e trasportato in codice rosso all’ospedale di Nola. Dopo le prime cure, è stato dichiarato fuori pericolo e dimesso in serata. “Non ho retto l’accanimento mediatico, mi hanno crocifisso”, ha dichiarato all’Ansa dal letto d’ospedale, spiegando di aver ceduto sotto il peso delle reazioni violente piovute in seguito alla pubblicazione del post. Parole dure con cui il docente aveva scagliato il suo odio contro la figlia della presidente del Consiglio, un’uscita che ha scatenato una valanga di indignazione bipartisan, con l’annuncio di indagini e sanzioni da parte del Ministero dell’Istruzione. Nei giorni scorsi, Addeo aveva cercato di rimediare pubblicamente al suo errore con una lettera aperta pubblicata dal quotidiano Roma, in cui chiedeva di poter incontrare personalmente Giorgia Meloni per rinnovare le scuse guardandola negli occhi. Un gesto che a Palazzo Chigi era stato accolto con disponibilità dalla premier, prima che la notizia del tentato suicidio ne cambiasse i contorni. “Non c’è giustificazione possibile per le parole scritte – aveva scritto Addeo – Mi assumo ogni responsabilità, anche se mai nelle mie intenzioni vi era l’idea di augurare la morte a una bambina. È stata una frase infelice, inadeguata, inaccettabile”. Nella lettera, il professore ha anche parlato della sua condizione personale, della solitudine, del rapporto con l’anziana madre e della sofferenza vissuta dopo l’esplosione mediatica del caso: “So bene che nulla può cancellare il male fatto con quelle parole. Solo la verità, il pentimento e il rispetto possono servire ora”. Il Ministero dell’Istruzione ha già avviato un’istruttoria disciplinare, con l’intento di adottare un provvedimento formale nei suoi confronti entro pochi giorni. “Non possiamo più tollerare comportamenti che tradiscono il decoro e la dignità della funzione docente”, ha ribadito il ministro Valditara. Duro anche il commento del ministro Casellati: “”Insultare e minacciare dei bambini è un atto vile e inaccettabile. Fa orrore. È un crimine e come tale va punito. I social non sono zone franche dove tutto è lecito. Con quelle parole vergognose, quest’uomo ha anche insultato la memoria di una povera ragazza vittima di femminicidio. Le scuse del giorno dopo? Peggiorano tutto. Arrivano in ritardo, suonano false, e vengono da una persona che ha già ripetutamente riversato odio contro esponenti del governo. Altro che scatto d’ira o errore dell’intelligenza artificiale. Quella è stata un’esternazione lucida, consapevole e recidiva. E in uno Stato di diritto, chi sbaglia paga. Anche sui social”. Dello stesso tenore il giudizio del direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Ettore Acerra: “Un episodio sconcertante ed il segno di come un uso inqualificabile dei social possa portare a degli episodi che non dovrebbero essere assolutamente accettabili”. Acerra ha poi confermato che con il ministro si farà un “ragionamento” sulla vicenda per arrivare a dei provvedimenti nei confronti del prof: “Un componente della comunità educante dovrebbe pensare bene prima di parlare. Cercheremo di prendere le giuste decisioni”.