martedì, Aprile 23, 2024
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Nola, dibattito dei sei candidati sindaco a Piazzolla: vince… la grande stanchezza

NOLA- (di Bianca Bianco) Sei candidati a sindaco per tre domande e quindici minuti ciascuno (in tutto) per rispondere. Un’ora e mezza di dibattito- a tratti di una noia siderale, a tratti divertente- nell’auditorium del bel complesso dell’Immacolata nella frazione di Piazzolla. Ieri sera qui si è consumato il primo incontro in campo neutro degli aspiranti primi cittadini di Nola a cui abbiano deciso di partecipare tutti, senza le defezioni che si erano registrate in altri appuntamenti.

 

La grande sala all’inizio è gremita, c’è la claque di questo e quel candidato ma ci sono anche molti cittadini interessati alle risposte. Infatti il clima si surriscalda quando si nomina, più volte, Piazzolla. La frazione sfortunata, quella troppo spesso dimenticata, la sorella povera di Polvica che in queste elezioni (come ad ogni elezione)  rivendica un ruolo nei programmi e nelle intenzioni delle liste in competizione. Mentre fuori si consuma il caos quotidiano di Piazzolla agli incroci e sui marciapiedi, dentro i “fantastici” sei spiegano la Nola che vorranno, la Nola che già c’è, quello che hanno fatto, quello che si dovrà fare. A moderare il dibattito voluto dall’Azione cattolica della Diocesi di Nola il giornalista Marco Iasevoli, inflessibile sui tempi, irremovibile sulle scadenze, un maestro dalla penna rossa che bacchetta i candidati, i quali prima cercano di ammutinarsi contro le regole, poi da bravi scolari vi rientrano tagliando premesse, saltando preamboli, andando al sodo e dando finalmente- tranne qualche eccezione- ritmo al dibattito a sei voci.

 

Ne viene fuori un incontro a metà. Effettivamente troppo brevi i tre minuti, poi allungati a cinque- e due per gli appelli finali- concessi ad Ambrosio, Biancardi, Cutolo, Tripaldi, Vallone e Vitale per rispondere a domande di una portata talmente vasta da inglobare l’intero scibile umano: famiglia, territorio-cultura-ambiente, trasparenza nella pubblica amministrazione. I sei arrancano all’inizio, puntano i piedi per sforare i tempi, poi si ammorbidiscono, infine si rilassano e negli ultimi minuti finali danno vita al vero show di risposte incrociate e “zeppate”. Capiscono che sono loro, e non le domande, i protagonisti della serata.

 

Ed eccoli i protagonisti, allineati come scolari sul palco del grande auditorium. Diversissimi nello stile e nelle risposte. Franco Ambrosio, jeans, giacca scura e cravatta regimental , è la “pecora nera” della classe. Si alza, contesta la regola del sorteggio, poi quella dei tre minuti, si alza di nuovo, fa finta di andarsene, poi trafitto dalla glaciale compostezza del moderatore ritorna al banco. L’ex pupillo della maestra, Geremia Biancardi, in completo grigio e cravatta azzurra. Sa che deve riconquistare la guida della classe, parte  intimidito, balbetta e non risponde a tono. Man mano recupera e alla fine appare più sicuro ma la regola dei minuti lo penalizza. Nonostante i cinque anni di allenamento, non ha ancora la presa sicura del leader. Arturo Cutolo ha fatto i compiti a casa e si vede, ma è ingessato nel completo scuro ed aggrappato testardamente ai fogli da cui legge senza improvvisare mai, senza sorridere mai. Maria Franca Tripaldi in giacca e pantaloni, montatura degli occhiali verde acido, arringa i piazzollesi come fosse in udienza, è diligente sui tempi, è quella dall’eloquio più sicuro allenato nelle aule di tribunale: ma non sfugge alla tagliola dei minuti contati, ed è sicura ma  poco empatica. Domenico Vitale è lo scolaro medio: studia ma non brilla, parla bene ma non eccelle, spiega ma non coinvolge. Anche lui ha optato per il completo scuro, è elegante nello stile e nei modi, sorride e tenta anche qualche battuta, ma non lascia intravedere carisma. Armando Vallone, outsider a cinque stelle, è giovane e si vede (camicia e gilet nero sui jeans per lui, niente cravatta). E’ sintetico nelle risposte, talmente sintetico da bruciare persino i due minuti dell’appello finale. Dice cento volte la parola “giovane”, si appoggia a qualche slogan e ieri sera non ha bucato lo schermo.

 

Il loro show dura circa un’ora e mezza dinanzi una platea all’inizio folta ma che man mano si svuota, richiamata dalla cena serale e scacciata dalla noia mortale di alcune risposte. Gli applausi non mancano, la sala è bipartisan: si infiamma sia per la Tripaldi che per Biancardi, si diverte tantissimo grazie ad Ambrosio, 70enne dalla grinta del ragazzino, mugugna per Cutolo che continua a leggere dai suoi fogli, applaude tutti alla fine di ogni intervento. In sala ci sono comuni cittadini e consiglieri uscenti, gli staff dei candidati e qualche dirigente in prima fila (Giacomo Stefanile registra il dibattito), molti ragazzi. Il clima è altalenante, non mancano urla dalle retrovie, il solito  “Fatti non parole” gridato ad ogni elezione, minuti in cui ci si addormenta ascoltando le cantilene dei candidati. Dopo novanta minuti di confronto si esce dalla sala con una sensazione di incompletezza. I “magnifici” sei non hanno convinto del tutto, imbalsamati, in certi punti incoerenti anche a causa di domande troppo ampie e generiche e fraintese dai candidati. Ne è venuto fuori un calderone di risposte ed argomenti, un big bang di rivendicazioni e sterili elencazioni di cose già fatte o di cose da fare, che hanno confuso e poco aiutato a capire i programmi e le intenzioni delle coalizioni. Le parole trasparenza, ambiente, famiglia si sono incrociate e confuse, senza dare il senso di quello che le liste vogliono per Nola. Nola citata mille volte, Nola che scorre nel sangue di Ambrosio, Nola che deve essere una città normale per la Tripaldi, Nola che è cambiata per Biancardi, Nola che deve cambiare per Vitale, Cutolo e Vallone. Nola che aspetta domenica per dare il suo voto e scegliere il suo destino. Un destino che ieri sera, nonostante il fiume di parole, non è mai venuto fuori.

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