mercoledì, Aprile 24, 2024
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Sezioniamo…i partiti nolani

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NOLA – Anno Domini 2013. La politica italiana è nella bufera. Il ciclone dell’anticasta soffia e sradica tutto ciò che è Stato (o rimasto?) dell’articolo 49 della costituzione italiana. Resta l’idea di quello che è stato e che per molti è ancora e ancora può essere, perché senza non si può. Ma oggi – ancora una volta – siamo al redde rationem e il mondo di chi organizza, comanda e decide la vita del Paese è sotto la lente di ingrandimento. Sprechi, delusioni, pensioni d’oro, mancate promesse, solite facce  (di bronzo) e tanto altro. Il concetto originale della polis – il modello di struttura greco che prevedeva l’attiva partecipazione degli abitanti liberi alla vita politica – è sempre più una caricatura, un concetto filosofico da enunciare solonicamente in qualche convegno per la formazione della classe politica che (forse) verrà. La questione è spinosa, inestricabile come il labirinto di Cnosso. Difficile dire dove e come cercare la soluzione e trovare il Teseo: il punto di (de)pressione è giunto al minimo storico e questa volta sembra quella giusta. I partiti sono ben oltre la frutta, diciamo al conto: altro che partito liquido, è liquida la politica. Quella italiana. Incapace di ammodernarsi o capace di farlo solo per necessità (elettorali) e non per mera convinzione. E con queste scarne difese lo tsnunami Grillo ha colpito duro e alla prima apparizione ha eroso 10 milioni (!!!!!) di voti ai partiti storici. Ha tolto qualcosa a tutto e a tutti. In un Paese che vede il partito che si identifica con una persona presente anche nel simbolo sulla scheda elettorale (Pdl con Berlusconi presidente, Udc con Casini, Scelta Civica con Monti, La Destra con Storace, Sel con Vendola, Lega Nord con Maroni, Rivoluzione Civile con Ingroia, Futuro e Libertà con Fini ma anche lo stesso Movimento 5 stelle con Beppe Grillo.it) ci sarebbe molto da (ri)dire. E’ una ammissione di colpa per quello che sono diventati i partiti italiani: bandiere (e leader) che cambiano con la stessa velocità con cui la Ferrari cambia gli pneumatici al pit-stop durante un Gran Premio di Formula 1. Bandiere che si ammainano, correnti che cambiano direzione con il risultato della disaffezione, del fanculismo imperante. Siamo passati negli anni dal militante ai blogger, dalla tessera al profilo facebook, dal documento alla mail. L’iscrizione, fondamentale prima per essere di un partito, ora è solo un atto formale. La tessera di partito rappresentava il segno dell’appartenenza (nel Partito Comunista il bollino aveva una cadenza mensile….), oggi la tessera (dove è prevista) arriva via posta o internet e in alcuni casi è pluriennale, senza dimenticare lo scandalo di alcuni anni fa dei tesseramenti dopati. In principio si partiva dalla base per arrivare al vertice, poi si è partiti dal vertice per (mai) arrivare alla base. E senza rinnovamento – di pari passo con i tempi e le leggi che sono cambiate – la frantumazione e polverizzazione dei partiti è stata lenta ma inesorabile. Ma qui siamo nel paese dei Guelfi e dei Ghibellini, le opinioni sono spesso contrapposte e difficilmente conciliabili tra di loro. Si passa da un estremo all’altro: o troppo o nulla. Ora è il momento del nulla ma è possibile costruire senza base? Il partito, quello vero, è veramente a orologeria? Nel mondo nolano tutte queste contraddizioni vivono e pascono ogni giorno. Basti pensare che la Pdl, primo partito in quasi tutti i paesi dell’area, ha una sola sede a Nola (altre, ci dicono, saranno aperte….)  nella centralissima piazza Duomo e nessuna nelle altre città del Nolano. Il Pd invece è presente in molte comunità (Nola, Camposano, Casamarciano, Saviano, Visciano) e perde in quasi tutti i paesi dell’area, come a dire che il risultato è inversamente proporzionale all’impegno (almeno quello che si vede). Una pratica che dà ragione a chi ritiene che le sezioni siano superate e basta a volte un caffè (o una cena) per stringere un’alleanza. Che poi dura quanto dura, cioè poco. Formidabile sulla breve distanza, tremendamente negativa sulla lunga. Non è un problema di obiettivi (quelli buoni li conoscono tutti) ma di percorso: è lì che si perdono riferimenti, persone, programmi. Il caso di Cicciano è emblematico: 4 scioglimenti in 10 anni con quasi gli stessi politici tra i banchi del consiglio comunale sono l’esempio di come le alleanze di una notte partoriscano amministrazioni litigiose e destinate a cadere poco dopo. Si parla poco dei programmi (quelli possono aspettare) e molto dei voti (quelli sì, fanno vincere le elezioni) con il risultato della creazione di taluni personaggi politici che si sentono al di sopra della città e dei cittadini. Un modus essendi che fa pensare che si debba tornare indietro, quasi alle origini: con il militante, con la scuola di partito. Modernizzata, ovvio. Lo vedi, lo senti, lo respiri a Visciano. La cittadella della carità è anche la cittadella-laboratorio della politica dove ci sono tre – esatto tre – sezioni di partito: Pd, Rifondazione e Udc.  Una fiaba politica moderna, un film degli anni ’70 che vede le ultime Udc e Rifondazione vivere nella stessa strada, Corso del Carpine, quasi di fronte. Lo scudo crociato contrapposto alla falce e martello, la romantica visione della politica (manco fosse davvero una pellicola) arricchita dal fatto che i due segretari Michele La Cerra (Udc) e Raffaele Arimini a scuola erano seduti nello stesso banco. L’acquasanta e il diavolo. Ma qui la politica si vive come se il tempo si fosse fermato o come se tutto fosse cominciato. Lo vedi, lo senti, lo respiri. Negli occhi dei segretari o, come si dice oggi, coordinatori ci sono le luci della determinazione, la passione delle idee, la convinzione di poter cambiare e migliorare la situazione attraverso l’aggregazione, la formazione, il dialogo. E le parole e i gesti sono quelli del tempo che sfugge: la parola “amico” per La Cerra, il pugno chiuso per Arimini. Da sceneggiatura appunto, ma questo non è un film. E’ difficile, quasi impossibile ma se al destino non ci si ribella almeno lo si può combattere. Sono giovani e forti, ma non trecento, sono appena tre (l’altro è Sabatino Trinchese del Pd): attorno a loro vogliono far crescere la città. E se non cresce qui si ritenta, non si lascia. Si raddoppia l’impegno (e le spese, qui si autotassano tutti). Fermento che troviamo anche a Tufino nella sede di Lista Civica che ha scelto come slogan la frase di Neruda “potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”. Una frase che rappresenta più di ogni altra cosa quello che fa questo combattivo movimento per il paese. Si riunisce, scrive documenti, manifesta insomma vive quello che è la polis. Li trovi spesso lì, insieme, a parlare, a discutere, a decidere. Il lavoro c’è, i risultati elettorali arriveranno. E se non arriveranno nessuno può cancellare quello che ogni giorno questi ragazzi fanno per la loro comunità. Col sorriso di chi ama quello che fa e con l’orgoglio di appartenenza a un gruppo. Come la combattiva Casamarciano dove la coordinatrice Luisa Esposito spiega le lotte per la cava che deturpa il paese e rovina la salute a presente e futuro prossimo e come fa a (soprav)vivere la sezione con riunioni costanti e ravvicinate perché “il Pd è l’unico partito che ha una struttura e dove c’è vero rinnovamento”.  Ci crede eccome ed è difficile darle torto. Niente a che vedere con la Nola di oggi, la città dove passò (e morì?) l’imperatore romano Ottaviano Augusto, quella che diede i natali al filosofo Giordano Bruno, quella dove partirono i moti carbonari del 1820-21. Una città che potrebbe vivere di ricordi a pagamento tanti sono i tesori da visitare, da scoprire e da conoscere e che invece si crogiola e combatte ogni giorno che passa con opere da fare o rifare come il Museo della Cartapesta e che si strugge sul piano traffico. Come fa con la politica: trovi la ferrea volontà e l’entusiasmo di un giovane ex consigliere comunale, Gianluca Napolitano, che apre e gestisce con gli altri iscritti una sede del movimento Città Viva e ti parla di problemi che non puoi ignorare e che invece vengono puntualmente messi da parte. E’ anche la città dove provi a chiamare i referenti della Pdl scoprendo che la sede di piazza Duomo è modello Fort Knox per quanto inaccessibile (troppi permessi da chiedere, custodi da chiamare, lavori da non poter lasciare) mentre l’avvocato Raffaella Mauro è impegnata a risolvere il problema della sede a rischio sfratto e dal calo fisiologico degli iscritti a un partito che in consiglio comunale è all’opposizione. Il viaggio si conclude a Camposano: qui c’è una sede del Pd dove ci attendono la coordinatrice Giuliana Labella e il giovane democratico Felice Manganiello. Poche e consunte sedie, libri disordinati in uno scaffale con un tavolo di provenienza medica.  Poche decine di euro per mantenere la sede, ma di questi tempi è difficile uguale.  E’  il simbolo della nostra inchiesta la passione di questi due ragazzi per la politica: “Siamo rimasti in tre a riunirci. Abbiamo un consigliere comunale che ha la nostra tessera ma che con coi non parla. Qui ti fanno pagare tutto quando non fai parte di loro o ti metti di traverso”. Una situazione che manderebbe al tappeto un elefante ma non loro: “Non ci arrendiamo” dicono. E infatti pensano a nuove iniziative per poter coinvolgere donne e altre persone. Il viaggio finisce qui anzi no, c’è da parlare del nuovo fenomeno politico: il Movimento Cinque Stelle che attrae, affascina, strega anche a queste latitudini. “Uno vale uno” è il concetto imperante dei grillini: ognuno può dire la sua, anche se non  è iscritto, la struttura partitica è superata come la sezione. Basta incontrarsi e parlarsi. Si discute e si va avanti. L’importante è cambiare il vetusto modo di fare politica.  Nessuno delle persone incontrare ha parlato mai della cosa fondamentale della polis: gli uomini. Sono loro che portano e apportano idee, sono loro che fissano, cambiano e mortificano le leggi. Sono loro che applicano per i nemici e interpretano per gli amici.  Sono loro che vanno cambiati, educati. E la polis avrà ancora ragione di esistere. Così è, se vi pare.

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