venerdì, Aprile 19, 2024
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(Sf)Regi Lagni: come scorrono i canali della vergogna

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di Nello Lauro (dal settimanale “Sette”)

“Niente è più visibile di quello che è nascosto”. Dall’alto, in auto, a piedi. E’ intorno a te, è intorno a noi. E’ intorno a tutti. Lo squallore. Quello vero. Quello che puzza, quello che ti fa incazzare, quello che ti fa dire: “Ma perchè devo vivere qui? Se continuo a vedere queste cose chiedo il divorzio”. Non c’è paese che non abbia il suo angolo di pattumiera. Il suo angolo di schifo. Da Roccarainola, a Tufino passando per Cicciano andando a Nola e finendo a Tufino. Senza dimenticare la piana di Boscofangone. Da altre parti si chiama Tavoliere, qui si chiama discarica. Perchè qui nel Nolano vige la regola (non scritta) che dove c’è spazio e poco controllo si può buttare il rifiuto (dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare ). Un tour “fecale” lungo il reticolo dei regi lagni quello di questa settimana da cui si capisce – e non c’era alcun bisogno di conferme – perchè questo territorio fa gola a ecomafie, ecomostri e a tutti quelli a cui serve un “buco” per scaricare rifiuti e vergogne. Cominciamo da Cicciano, zona Madonna degli Angeli: un chiesa suggestiva del 1600 circondata dal canale della vergogna di un Regio (?) Lagno. In verità la strada che porta verso il Comune di Roccarainola nel corso di questi anni è stata anche allargata ed è “trafficata” da corridori amatoriali e da auto che aggirano il traffico ciccianese. Macinano chilometri i corridori non sapendo (o sapendolo fa lo stesso) che sotto le loro scarpe il crimine, il baco dell’inciviltà cresce e diventa, ogni giorno, la farfalla dell’inquinamento. Buste, bottiglie, medicinali, palloni e ogni “mal di Dio” gettati sul letto di un fiume – siamo a Roccarainola – manco per sogno. E mentre documentiamo tutto con le immagini ecco che un topo dalle dimensioni feline sgattaiola – con difficoltà – tra l’ammasso di rifiuti alla ricerca (e lo troverà senza dubbio) di un pasto per la giornata. Poco più in là uno dei lavoratori di un cantiere esce a “controllare” il (nostro) lavoro e come si fa da queste parti si sfoga: “Ccà a gent nu sta bbon ca cap (la gente non sta bene con la testa)”. Un discorso che non fa una grinza ma che fa capire che tutti lo vedono ma alla fine a nessuno importa. Tanto sta là. Come una copiosa perdita d’acqua (regolarmente denunciate e scritte dai giornali) che inonda una parte del corso di fango. Anche in questo caso, fa niente. L’auto riparte e torna a Cicciano. Dopo aver passato e guardato in maniera interrogativa (diciamo così) lo strano e inquietante abbinamento lagno-agriturismo (al rione Iacp si replica) si passa a quella che da queste parti chiamano la Vasca di Fellino dove un simpatico cartello “minaccia” (c’era scritto anche il riferimento legislativo) sanzioni in caso di scarico di rifiuti. Una barzelletta. Anche perchè il cartello è stato bruciato insieme ai rifiuti che ogni giorno si rimpolpano. Qui ogni tanto qualcuno passa a pulire, ma in molti poco dopo ripassano ad occupare lo spazio appena liberato. Anche qui pneumatici, materassi, wc, mobili, frigoriferi. Un centro commerciale dei rifiuti alla rovescia e come dice qualcuno: “Se sai aspettare qualcosa per la casa lo puoi anche trovare….” Una battuta? Mica tanto. Prima di andare via un cumulo di videocassette su cui spicca “Armageddon”, un film che parla della fine del mondo. E forse qui per ricominciare…. La vettura lascia questo “ameno” posto e punta verso il rione Iacp di Cicciano dove i vigili urbani salutano il nostro arrivo con un cenno della mano e continuano a lavorare per scoprire chi e quando sversa i rifiuti nei pressi di un altro ristorante. Altro giro, altra corsa: si va a Camposano. Altro scempio con l’amaro e triste ricordo di un feto gettato sul ponte del Lagno. Un delitto per il quale non si sono trovati mai i colpevoli. Si ritorna a Cicciano giusto per controllare che dopo la Ferrovia nel lagno troviamo una vasca idromassaggio (che conferma che forse è il caso di pensare a rifarsi l’arredamento). Da qui a Tufino dove c’è “o lagn ro Punticchio” (dice la signora Peppa) poco dopo il palazzo baronale completamente interrato (a fianco c’è anche una civile abitazione con una stufa che sbuffa): andando avanti verso il territorio di Avella altro “spettacolo” di rifiuti di ogni genere e anche qui un corridore amatoriale ci dice: “Che schifo, corro da 35 anni ogni giorno in questo posto perché è l’unico dove non rischio di essere investito, niente a che vedere con l’Olanda dove ho vissuto”. Poco prima una dipendente comunale amaramente dice: “Fate le foto? Sapete quante ne ho fatte, qui tutti se ne fottono”. La strada si conclude dove ci sono i binari della Circumvesuviana e una statua di San Pio. Senza sosta si va a Comiziano e poi a Schiava dove la situazione è quasi simile. Carte, buste, solventi, bottiglie. Uno squallido quadro disegnato dalla stessa (putrida) mano. La situazione peggiora quando andiamo a Nola: prima in via Sarnella dove al fianco di una corona di fiori che ricorda una delle vittime della strada si snoda una vergogna a forma di lagno. Da qui a via Cimitero cambia poco anzi molto: i rifiuti provocarono un tappo che travolse via Amilcare Boccio nel 2008 con case (fino al secondo piano) e garage allagati. Situazione analoga nel 2011 a Masseria Carlone (ne parliamo nell’articolo affianco) dove 30 persone vennero sgomberate. Una situazione che grida ancora vendetta. Anche qui c’è qualcosa di mistico con un cartello che dice: “Per rispetto della Santa Croce divieto di scarico”. Ma per i santi scaricatori ci vuole ben altro. E non basta il cane che guarda verso l’orizzonte dei rifiuti. Più malinconico che guardia il simpatico Ninnillo. Dulcis in rifiuto la piana di Boscofangone (nomen omen) dove nei pressi dell’Alenia il quadro è spettrale: il cemento armato degli argini fa da contorno a fango, melma, erbacce e qualche busta bucata. Poco più avanti un gruppo di ragazze di colore e una ragazza ucraina vestite in maniera succinta (eufemismo) ci fanno segno con la mano: non vogliono fare interviste, ma questa è un’altra storia. Poco più avanti vicino al depuratore di Nola (sic) il deposito di ecoballe dove in passato ci fu anche l’ipotesi dell’apertura di una discarica sventata dai cittadini del Nolano dopo una guerriglia con le forze dell’ordine. E’ qui che trovarono anche un camion intero sotterrato con il carico di rifiuti. Ed è qui che volevano aprire il nuovo carcere per decongestionare quelli di Poggioreale e Bellizzi Irpino. Niente di scandalosamente scandaloso ma l’ambiente non è quello per portarci i bambini, né tanto meno la fidanzata. Poi attraversando il ponte si va verso le ex Ferrovie dello Stato e la ex Pirelli. Qui un vagone merci arrugginito è appoggiato su un binario morto. Morto come questo territorio che parla di riscatto e invece butta i rifiuti dove può e quando vuole. E sullo sfondo bucolico le 9 cave estrattive che compongono la cartolina finale. Una catena montuosa “mangiata” dagli uomini a poco a poco, giorno dopo giorno. Come questo Nolano dimenticato dagli uomini.

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