giovedì, Dicembre 12, 2024
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Pigri da morire, 5 milioni l’anno le vittime del ‘divano killer’

Pigri da morire. Accade a 5 milioni di persone l’anno nel mondo occidentale, uccise dalla sindrome del ‘divano killer’. A rilanciare l’allarme sedentarietĂ , un’epidemia che rappresenta la quarta causa di mortalitĂ  e disabilitĂ  in Occidente, sono gli esperti riuniti a Roma per il Congresso 2016 della SocietĂ  europea di cardiologia (Esc) dove è stato presentato un algoritmo salvavita: si chiama ‘Pai'(Personal Activity Index) e averlo alto abbatte di quasi un quarto la probabilitĂ  di morire di cuore, rispetto a chi non fa sport. L’idea è quindi quella di inserirlo in un device indossabile durante l’attivitĂ  fisica, per monitorare l’evolversi del rischio.

Ma qual è il rapporto fra gli italiani e il sofĂ ? Gli abitanti della Penisola “dicono sì allo sport, però solo se si tratta di guardarlo alla tv”, sottolinea Michele Gulizia, direttore di Cardiologia all’ospedale Garibaldi di Catania e Esc Local Press Coordinator. Secondo i dati del Sistema di sorveglianza ‘Passi’ (2011-2014) appena un connazionale su 3, “il 33,2% tra i 18 e i 69 anni, può essere considerato realmente attivo – ricorda lo specialista – il 35,8% lo è parzialmente (svolge qualche attivitĂ  nel tempo libero senza però raggiungere i livelli raccomandati) e il 31% è completamente sedentario”.

Una condizione che ‘contagia’ anche i piĂą piccoli. Quest’anno un rapporto di Save the Children ha evidenziato fra i minori “un quadro drammatico e tutt’altro che confortante: il 23% non svolge regolarmente attivitĂ  motorie nel tempo libero, l’11% nemmeno a scuola e il 63% cammina globalmente non piĂą di mezz’ora al giorno”.

“Se i programmi sportivi in televisione non motivano a praticare sport – osserva Leonardo Bolognese, direttore di Cardiologia all’ospedale di Arezzo e Esc Local Press Coordinator – le strategie attuali per promuovere l’attivitĂ  fisica hanno scelto di muoversi verso programmi personalizzati. Lo svolgimento individuale dell’attivitĂ  fisica è infatti assai eterogeneo e multidimensionale, oltre che complesso da misurare, tanto che una discrepanza nello status di attivitĂ  che ciascuno si attribuisce è ben presente nella nostra esperienza quotidiana. E’ vero che esistono molti metodi per stabilire la spesa energetica minuto per minuto, ma non c’è ancora qualcosa capace di catturare tutte le informazioni e i parametri rilevanti per l’attivitĂ  fisica”.

L’obiettivo dello studio in vetrina all’Esc è stato proprio quello di creare un algoritmo funzionante, che incorporasse i fattori dell’attivitĂ  fisica necessari a migliorare la fitness cardiorespiratoria e ad abbattere il rischio di mortalitĂ  cardiovascolare a lungo termine. Per determinare il Pai è stato utilizzato l”Hunt Fitness Study’, basato su una serie di domande relative a frequenza, durata e intensitĂ  dell’esercizio, in modo da definire il grado di intensitĂ  in bassa, media e alta: rispettivamente il 44%, il 73%, e l’83% della riserva cardiaca. Per validare il dato sono stati valutati oltre 39 mila uomini e donne sani e l’indice è stato diviso in 3 gruppi di attivitĂ : meno di 50, tra 51 e 99, piĂą di 100, rispetto al valore zero usato per indicare l’inattivitĂ  assoluta.

Dopo un follow-up di 28 anni e 7 mesi si erano verificate 10.062 morti, di cui 3.867 causate da malattia cardiovascolare. Ma gli uomini e le donne con un Pai maggiore di 100 avevano un rischio ridotto di mortalità cardiovascolare ridotto del 23% rispetto al gruppo degli inattivi. La riduzione di rischio corrispondente per la mortalità da tutte le cause è stata del 13% per gli uomini e del 17% per le donne.

La conclusione degli esperti è che “il Pai è in grado di predire la mortalitĂ  cardiovascolare a lungo termine. Si tratta di un algoritmo che potrebbe essere utilizzato come strumento motivazionale per cambiare il proprio stile di vita. Si pensa quindi di incorporarlo in un dispositivo portatile che possa essere indossato dal soggetto che fa attivitĂ , in modo che sia misurata in maniera standardizzata e incentivi il movimento mostrando i progressi e l’abbassamento del rischio”.

“Un’altra ricerca ha voluto indagare gli effetti dell’attivitĂ  fisica amatoriale sul rischio cardiovascolare in una popolazione di soggetti anziani – evidenzia Francesco Romeo, direttore di Cardiologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, presidente della SocietĂ  italiana di cardiologia (Sic) ed Esc Local Press Coordinator – L’idea è stata sviluppata da un’Ă©quipe di ricercatori finlandesi dell’universitĂ  di Oulu, studiando retrospettivamente un gruppo di 2.409 uomini e donne tra i 65 e i 74 anni. Questi avevano partecipato anni prima a un’indagine sui fattori di rischio e il team scandinavo ha incrociato i dati sui decessi intercorsi dai registri anagrafici nazionali. Il livello di attivitĂ  fisica era autodichiarato ed è stato classificato in tre livelli: basso, moderato e alto. Il rateo di rischio per mortalitĂ  cardiovascolare è stato individuato in 0,40 per i soggetti che facevano attivitĂ  moderata, 0,29 per quelli che eseguivano un’attivitĂ  intensa e rispettivamente 0,65 e 0,50 per il rischio di mortalitĂ  paragonato agli ‘oziosi'”.

“I ricercatori – conclude Romeo – sono così giunti alla conclusione che l’attivitĂ  fisica sia inequivocabilmente associata alla riduzione del rischio cardiaco, anche se eseguita in etĂ  avanzata e sia indipendente dai maggiori fattori di rischio noti”.(Adnkronos)

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