Mancano affitti riscossi per oltre 283 milioni di euro dalle casse del Comune di Napoli a causa della pluriennale ‘mala gestio’ del suo imponente patrimonio immobiliare residenziale e commerciale. A calcolare la cifra monstre è stata la Procura della Corte di conti della Campania, coordinata dal procuratore Antonio Giuseppone (pm Vitale e Capalbio) che, dopo avere passato al setaccio la documentazione acquisita dalla Polizia municipale, ha notificato oggi una prima tranche di inviti a dedurre nei confronti di ex dirigenti e dirigenti dell’amministrazione comunale partenopea e di coloro che negli ultimi anni sono stati al vertice della “Napoli servizi”, società cui il Comune ha affidato molteplici servizi, appunto, tra cui anche tutte le attività legate alla gestione, dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, ad uso residenziale e non. Il primo lotto di contestazioni riguarda esclusivamente una decina di immobili commerciali per i quali il danno erariale stimato supera di poco il milione di euro. Per tutti gli immobili commerciali del Comune di Napoli, però, l’ammanco complessivo sfiora gli 80 di milioni di euro. In questa tipologia di immobile figurano anche sedi ed ex sedi di partito e perfino un locale adibito ad attività religiose. Il Comune di Napoli – va ricordato – versa in uno stato di sofferenza finanziaria e i fondi ultramilionari per il cosiddetto “Patto per Napoli” sono condizionati dalla corretta gestione del patrimonio immobiliare. Viene anche sottolineato che le segnalazioni della magistratura contabile hanno prodotto un effetto conformativo: il modus operandi dell’amministrazione si è infatti modificato, in base alla maxi inchiesta dei magistrati contabili, scongiurando così che il danno si potesse perpetuare. Dagli accertamenti eseguiti dalla Polizia municipale di Napoli sotto il coordinamento dei pm, è emerso che le società locatarie cui la “Napoli Servizi” ha continuato a notificate inutilmente le costituzioni in mora, perdendo definitivamente i crediti, sono quasi tutte fallite. I locali, però, nel frattempo, sono stati anche occupati da altri soggetti societari – anche imprenditori piuttosto noti in città – che non hanno mai versato un euro nelle casse del Comune. La Procura contabile ha pure messo in evidenza un aspetto della vicenda legato alla leale concorrenza tra commercianti: in sostanza chi ha avuto la possibilità di esercitare il commercio in un locale comunale per il quale non pagava l’affitto ha occupato per lungo tempo una posizione di vantaggio rispetto a chi invece, ogni mese, versava il pigione. (fonte Ansa)