mercoledì, Aprile 24, 2024
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Il Santa Maria …fa Pietà, l’ospedale di Nola finisce nel mirino di “Focus”- l’inchiesta

ospedaleridottadi Bianca Bianco

NOLA- Semaforo rosso per l’ospedale Santa Maria della Pietà di Nola. A far scattare il rosso è la rivista Focus, che pubblica un numero dedicato esclusivamente alla Sanità italiana. Un dossier in undici capitoli che scandaglia eccellenze e maglie nere tra ospedali e case di cura della Penisola, regione per regione, provincia per provincia. C’è anche l’ospedale civile della città bruniana, la cui pagella non è affatto lusinghiera. Per percentuale di mortalità dopo infarto del miocardio o dopo un ricovero per la rottura del femore, per esempio, i dati nolani sono bene al di sotto della media nazionale. Il report della notissima rivista scientifica si basa su dati ufficiali del Ministero della Sanità, e sono ponderati, cioè tengono conto delle diversità delle strutture e dei territori. Giudicano però per tutti la qualità tenendo conto di precisi indicatori quali le percentuali di complicanze post intervento, le necessità di ricoveri post intervento o di nuovi ricoveri, nuovi interventi, infine la percentuale di mortalità. Nel periodo di due giorni, un mese, sei mesi. Il dossier si basa sui dati disponibili ad oggi, riferiti all’intero 2011 e ai ricoveri per le patologie più comuni (infarti, rottura del femore, artroscopia al ginocchio, bronchite, ictus). Uno studio sulla qualità molto utile per tastare il polso dello stato di salute della nostra Sanità. Una Sanità che, nonostante i mille problemi del settore pubblico, è la secondo al mondo. Soprattutto perché è ancora quasi completamente gratuita. Una Sanità che ci aiuta a vivere meglio e di più, almeno stando anche alle classifiche mondiali di longevità. Avremo pure un dna prezioso, noi italiani, ma pure ci ammaliamo. Ma pur denigrando i nostri medici ed i nostri nosocomi, abbiamo la speranza di vita tra le più alte al mondo. Siamo secondi solo ai giapponesi dalla tempra d’acciaio.

LA STATISTICA- La statistica di Focus, supportata dai numeri del Ministero, tiene conto degli esisti delle cure prestate nelle strutture sanitarie regione per regione, comprese le province autonome. Un lavoro lungo e certosino, da Nord al Sud, dalle Alpi alla Sicilia. Le eccellenze non sono solo al di sopra del Tevere, bene smentire subito le leggende metropolitane. Il semaforo rosso viene attribuito a quei presidi sanitari che danno un risultato inferiore alla media nazionale, il semaforo verde a chi ha un dato superiore al dato nazionale. Se prevale il rosso (come, purtroppo, nel caso del Santa Maria della Pietà, la cartella clinica del nosocomio è critica. Oltre alla mera media nazionale, la statistica tiene conto anche del benchmark, cioè della media dei migliori.

CARDIOLOGIA- Ogni anno circa 120mila italiani hanno un infarto acuto del miocardio: 25mila muoiono prima di arrivare in ospedale, poco più di 90mila arrivano in ospedale. La media nazionale relativa alla percentuale di mortalità dopo il ricovero per questa causa, nel 2011 è stata del 10,28%. Per quanto riguarda l’ospedale Santa Maria della Pietà di Nola, i pazienti ricoverati nel 2011 per infarto del miocardio sono stati 300, la percentuale di mortalità del11,99%. Dei ricoverati, il 3,99% ha subito una angioplastica coronarica entro 48 ore dal ricovero, sotto la media nazionale. Il richio di nuovo ricovero per pazienti non operati è del 14,46%: sopra la media nazionale, altro semaforo rosso. Meglio invece in caso di “scompenso cardiaco congestizio”: 406 casi nel 2011 con il 13,06% di mortalità.

ORTOPEDIA- Ogni anno in Italia oltre 67mila anziani ultra65enni subiscono la frattura del femore. E sono pochi i centri in cui si viene operati 24-48 ore dopo il ricovero. Una attesa senza giustificazioni che aumenta anche il rischio per l’anziano di non riprendersi del tutto, o addirittura di morire. Anche rispetto alla cura della frattura del collo del femore purtroppo l’ospedale di Nola riceve un bollino rosso dalla rivista Focus. Sono stati 128 i ricoveri nel corso del 2011 per questa patologia, con una percentuale bassissima di interventi entro due giorni: appena l’1,64%. La media dei tempi di attesa è biblica: 14 giorni, la percentuale di mortalità dopo un mese dal ricovero del 2,36%.

OSTETRICIA- Al Santa Maria della Pietà si fanno troppi tagli cesarei alle donne alla prima gravidanze. Anche per l’atticità di uno dei suoi migliori reparti il nosocomio cittadino viene bocciato. Molte donne italiane chiedono il parto cesareo, il motivo è quasi sempre lo stesso: pensano di favorire il nascituro, di evitargli sofferenze o rischi. Ma l’intervento quando non necessario fa correre pericoli sia al bimbo sia alla mamma. L’organizzazione mondiale della sanità stima che il cesareo si deve praticare solo sul 10-15% dei casi, la media nazionale italiana supera il 27%: a Nola si arriva al 37,34%. Nel solo 2011 le donne al primo parte che hanno fatto nascere i loro primogeniti in via dell’Amicizia sono state 359. Il 37,34% di queste si è sottoposta al taglio.

PNEUMOLOGIA- La bronco pneumopatia cronico-ostruttiva (una malattia poco diagnosticata o diagnosticata tardi, che si annuncia con tosse insistente, fame d’aria e infezioni croniche), nel 2020 sarà la terza causa di morte nel mondo. Eppure è una delle malattie più facili da evitare: basta evitare di fumare o di accostarsi a chi fuma. No al fumo attivo e passivo, insomma. Così aumenta sensibilmente la possibilità di non ammalarsi. Purtroppo Nola segna rosso anche nella cura di questa diffusa patologia. Sono stati 145 i ricoveri nel 2011, con il 28,74% di mortalità entro il primo mese dal ricovero ed il 15,34% di nuovi ricoveri. Per dare un’idea, la media italiana è del 13,26% di mortalità entro 31 giorni dal ricovero. Il benchmark è dello 0,59%.

EMERGENZA NOLA – Dici ospedale di Nola e pensi ad una eterna emergenza. In effetti non serve Focus per mettere…a fuoco le criticità di un presidio sanitario che serve un territorio di centomila abitanti. Basti dire dei continui rallentamenti sul ruolino di marcia della ditta affidataria dei lavori, che fanno in modo che il pronto soccorso sia ancora dislocato nella ex mensa. O delle due sale operatorie siano chiuse. O del documento di protesta del mese scorso di tutti i primari (sette) e di tutti i medici, inviato alla direzione sanitaria (Luigi Stella Alfano) ed ai vertici dell’Asl Napoli 3 Sud. I primari Luigi Caliendo (Cardiologia), Antonio Manzi (Urologia), Umberto Vincenti (Rianimazione), Sabatino Esposito (Radiologia), Leonardo Napolitano (Laboratorio Analisi), Livio D’Alessandro (Oculistica), referenti del pronto soccorso (Rosa Marazzo e Scarfiglieri), nonché diciassette medici ospedalieri (Biagio Sorrentino, Pasquale Scala, Amelia Acerra, Maria Luisa Mangone, Pasquale De Falco, Aniello Lauri, Maria Manna, Luciano Carbone, Giulio La Marca, Giovanni Manfredi, Sebastiano Sorrentino, Lieto Sabato, Antonio Florio, Salvatore Ricagnani, Carmine Langella e Ada Buonfiglio) hanno scritto parole molto dure sul perdurante “stato di malessere aggravato dalle bozze di atti aziendali “che, come una fisarmonica, si allargano e restringono secondo le vecchie logiche politiche senza tenere conto delle esigenze reali di un ospedale di secondo livello”. Pesanti i tagli lamentati (anatomia patologica, gastroenterologia, neurologia, nutrizione clinica, oculistica per citare alcuni esempi) a fronte di un mancato piano di crescita. Per i primari ed i medici del nosocomio bruniano si sta di fatto sancendo la morte della sanità nolana. Oggi in base al decreto. 49/2010 il Santa Maria della Pietà è un presidio di II livello della emergenza, ha 144 posti letto e vive in costante rapporto con l’ospedale di Pollena, verso il quale, lamentano i sanitari, avrebbe una sorta di sudditanza per ragioni politiche. Fatto sta che l’ospedale dell’area nolana non cresce, è costante oggetto di vertenze sindacali e rivolte, ha medici insoddisfatti e carenza di personale, lavori eterni, pazienti sule barelle, racconti leggendari (e non) di casi di malasanità e periodiche emergenze. Al suo capezzale arriva di tanto in tanto la Chiesa, poi la politica, poi l’opinione pubblica. Ma da quaranta anni non riesce a guarire.

 

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