giovedì, Marzo 28, 2024
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Paenzano, la terra dei veleni. Nolano, una bomba ecologica ad orologeria

paenzanodi Bianca Bianco

TUFINO- C’è una bomba ecologica piazzata sotto il nostro sedere. E’ pronta a scoppiare ma noi facciamo finta di non sapere, non capire. Quella bomba ha un tic tac sinistro, ad ogni tic si mangia un frutto, ad ogni tac un nocciolo. E poi una vita umana, e un’altra e un’altra ancora. Quando scoppierà forse io, e voi che leggete, saremo morti da un pezzo. Ma scoppierà. Come scoppieranno le altre mille bombe ecologiche che fanno suonare il loro ticchettio oggi a basso volume. Domani sarà una deflagrazione. Parliamo di Paenzano 1 e Paenzano 2, le più grandi discariche ‘autorizzate’ aperte nell’area nolana. Due buchi, oggi ricoperti ma non bonificati, che si sono mangiati una fetta di collina tra Visciano, Schiava e Casamarciano, completando con l’immondizia un lavoro che già le cave stavano compiendo alla perfezione. Oggi sono una pancia piena di immondizia, molti non sanno che lì sotto ci sono milioni di tonnellate di rifiuti anche speciali, pericolosi. E non sono ancora bonificate. Non saranno mai bonificate, forse. Paenzano 1 e Paenzano 2, secondo inchieste avviate da due Procure diverse in anni diversi, trattiene tra le sue pareti anche i rifiuti ospedalieri del presidio sanitario di Nola oltre che rifiuti tossici provenienti, manco a dirlo, dal Nord Italia. Non sono leggende metropolitane come quelle dei coccodrilli che spuntano dalle fogne di New York. Parliamo di magistrati che hanno chiesto ed ottenuto il sequestro di parte di Paenzano 1 perché era stata usata per sversare rifiuti pericolosi. Rifiuti che, di fatto, sono ancora lì sotto. Si calcola che nel corso dei quattro anni in cui Paenzano 1 e Paenzano 2 sono state aperte (dal 1996 fino più o meno al 2000), i due buchi abbiano accolto 1,250 milioni di metri cubi di rifiuti di ogni tipo. Le due discariche, che sulle mappe regionali sono censite come un’unica discarica, furono realizzate utilizzando una cava di tufo esaurita. Furono aperte dall’allora Prefetto delegato all’Emergenza Rifiuti (sono vent’anni che siamo in emergenza), quello che oggi si chiama Commissario straordinario per l’emergenza, attraverso poteri in deroga a lui conferiti con decreto proprio per sopperire all’emergenza. Napoli e il Napoletano soffocavano nella loro immondizia, il Nolano era uno spazio ‘adatto’ per portarceli. Nel 1999-2000, dopo quattro anni circa di attività, le due discariche furono dichiarate esaurite. Non potevano ospitare immondizia. Nel frattempo il percolato, gli scarichi dei camion, i rifiuti, la puzza, si erano già mangiati frutteti e noccioleti, la ricca agricoltura di quelle terre. Ne sa qualcosa Gennaro Santorelli, un abitante di Schiava che è una sorta di testimonial di questa vicenda. Era un contadino come gli altri, ha visto anno dopo anno morire le sue piante e le sue coltivazioni. Come lui, decine di altri contadini hanno visto marcire il loro lavoro. Anche questa non è una leggenda metropolitana, fu chiesta una consulenza alla facoltà di Agraria di Portici. Gli studiosi decretarono la morte dei noccioleti. Senza se e senza ma. Rifiuti tossici nella pancia della montagna, coltivazioni defunte. E poi la puzza, quella che ha appestato (e appesta ancora, passateci ogni tanto per Schiava la sera, ma stavolta dipende dai camion che sversano nello stir) per anni questa la minuscola frazione divisa tra Tufino e Casamarciano. La situazione è resa plasticamente da uno studio fatto di recente da una società che si occupa di recupero delle zone devastate da discariche, la Formatoa3: “ (queste discariche) – si legge nella relazione stilata dagli esperti che poi finirà in una mostra intitolata “Buchi neri”- restituiscono l’immagine di un luogo fortemente sfigurato, in cui alla pre-esistente vocazione agricola si sono sostituite funzioni espulse dai centri cittadini a livello regionale e provinciale, incompatibili sia con la presenza antropica che con quella naturale. La questione assume inoltre uno sfondo di problematiche triplice: al problema discariche, infatti, oggi parzialmente rimosso con la chiusura degli impianti, si aggiungono le scomode presenze della cava ancora in funzione e dello Stir, nel quale non arrivano materiali frutto di una raccolta differenziata corretta, ma anche una frazione organica non composta altamente nociva”. Insomma, l’inferno. A diciassette anni dall’apertura di Paenzano 1 e 2, a tredici dalla loro chiusura, con danni ambientali conclamati, natura sfigurata e (forse) un incremento delle patologie tumorali e del sangue negli abitanti della zona, non si parla ancora di bonifica. Per Paenzano 1 si disse che si era bonificata, ma non è completamemte vero. E’ stata attuata la messa in sicurezza. “Per fare la bonifica- ci dice Onofrio Petillo, già assessore all’Ambiente a Tufino negli anni Duemila, oggi esponente di Sel- bisogna svuotare completamente il sito, catalogare quello che contiene e mandare tutto nelle altre discariche. Questo a Paenzano 1 non è stato fatto, lì si è fatta una messa in sicurezza”. Ancora peggio per Paenzano 2, Petillo lo chiama “la montagnella” per la sua forma di collinetta. Paenzano 2 secondo le recenti disposizioni della Regione dovrebbe subire un processo di ricomposizione ambientale, cioè dovrebbe essere riempita con il compost fuori specifica, quello che per gli ambientalisti della zona non è altro che rifiuto tal quale. “Vogliono ricompattarla mettendoci altra immondizia” dice Petillo. Di fatto, ne prolungherebbero la vita da discarica secondo gli attivisti. Infliggendo un altro danno: “Restituire dignità a questi luoghi- continua la relazione di Formatoa3- coincide necessariamente con una presa di posizione nei confronti di tutte queste problematiche, interpretate come facce di uno stesso problema: politiche settoriali e gestione errata dell’emergenza rifiuti, a livello regionale e di governo centrale, hanno determinato un danno ambientale di valore altissimo per questi territori un tempo noti per la produzione di noci e ciliegie”. Risarcire l’area nolana, e Tufino in particolare, dello scempio compiuto sulla sua terra, e soprattutto imporre uno stop al macabro ticchettio di questa bomba ecologica che è Paenzano, equivale a chiedere di bonificare effettivamente, definitivamente e veramente questi siti. Questo chiede con un documento ufficiale Francesco Vittoria, componente del coordinamento nazionale del Pd, ex segretario provinciale del Pd di Avellino, consigliere di minoranza a Sperone (2 km da Tufino). Vittoria chiede di avviare subito una bonifica del territorio nolano. Immediatamente, perché, dice “c’è un filo nero che lega i rifiuti ed i tumori”, la cattiva gestione del territorio e le malattie. Vittoria fu in passato uno dei protagonisti della protesta contro la realizzazione dell’impianto che allora si chiamava cdr ed oggi si chiama Stir, tra Tufino e Casamarciano. Furono due anni di battaglia feroce, di proteste eclatanti, di gesti anche forti come lo sciopero della fame. Poi l’impianto fu costruito (nel 2002) coi fondi della Regione e dopo un patto con alcuni sindaci dell’area, ora è lì che tritura l’immondizia dell’area nolana, del napoletano e dell’area stabiese. Allora si protestava perché la Regione (il governatore dell’epoca era Antonio Bassolino) aveva deciso di piazzare la struttura proprio a due passi dalle due mega discariche, che non erano state ancora bonificate. Oggi la situazione è la stessa. “In questi anni si è sempre parlato di triangolo della morte, di terra dei fuochi, io credo che in questo tempo che stiamo vivendo, con le due megadiscariche di Tufino e lo Stir, sia il caso di parlare di quadrilatero dei veleni- spiega Vittoria. La bomba ecologica di Tufino ha invaso il Nolano ed il Baianese ed ha distrutto una terra un tempo fertile. Per questo serve che tutti i sindaci chiedano la bonifica delle due Paenzano, oltre che dei siti presenti nei singoli comuni”. Franco Vittoria ne ha pure parlato col Ministro all’Ambiente Andrea Orlando e con Ignazio Marino, quest’ultimo, insieme al professor Antonio Giordano dello Sbarro Institute di Boston (che intervistiamo in questa pagina), convinto del collegamento tra l’immissione di inquinanti nell’ambiente ed aumento delle patologie. Cioè del “filo nero” tra rifiuti e tumori. Un filo nero che, dice Vittoria, va spezzato con le bonifiche e con gli studi epidemiologici. Studi che certifichino quanto i medici di base e alcuni coraggiosi luminari vanno dicendo da anni. E che ora anche fonti ufficiali come la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo rifiuti, licenziata nel dicembre scorso, ammettono: “Il danno ambientale che si è consumato è destinato, purtroppo, a produrre i suoi effetti in forma amplificata e progressiva nei prossimi anni con un picco che si raggiungerà, secondo quanto riferito alla Commissione, fra una cinquantina d’anni. Questo dato può ritenersi la giusta e drammatica sintesi della situazione campana”. Gli ultimi studi medici ufficiali pubblicati sul tema rifiuti-malattie sono stati quelli dell’Istituto Pascale di Napoli e il libro bianco “Campania, terra di veleni” di Antonio Giordano e Giulio Tarro. Il primo certifica che in provincia di Napoli aumentano i tumori rispetto alla media nazionale. Con tasso di mortalità per tumore alla mammella, per fare un esempio, passato dal 21,4% in provincia di Napoli nel 1988/1990, al 31,3 nel 2003/2008 (in Italia è passato da 37,6 a 37,7%). Il libro bianco di Giordano e Tarro ha ribadito : “Politici e alcuni brillanti oncologi dicono che non c’è un nesso tra rifiuti, diossina e aumento delle malattie. In questi anni non abbiamo ricevuto un solo dato dal Registro dei tumori e dalle istituzioni sanitarie campane. Allora ci siamo messi a studiare da soli e lo stesso dovrebbero fare i medici di base della regione per avere riscontri attendibili: in Campania ci sono 40mila casi di tumori alla mammella in più e un aumento del 15% di casi di cancro per le donne sotto i 40 anni”. Nella prefazione il senatore Ignazio Marino, scrive: “Si ha l’impressione che napoletani e campani vivano come quelle cavie della ricerca destinate poi ad ammalarsi: si registra +9 per cento di mortalità tra gli uomini, +12% tra le donne e + 80% di tumori a polmoni e stomaco, linfomi e malformazioni neonatali che diminuiscono invece nelle altre regioni italiane”. Dati confermati dall’Isde e dalla magistratura che ha chiesto attraverso le Procure la bonifica delle tante bombe ecologiche disseminate per la Campania. Bombe ecologiche come Paenzano 1 e 2, totem di una gestione disastrosa dell’emergenza rifiuti, che nell’area nolana aspettano solo di scoppiare. E continuare a fare morti.

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