venerdì, Aprile 19, 2024
spot_imgspot_img
spot_img

I PIĂ™ LETTI DELLA SETTIMANA

ARTICOLI CORRELATI

Sasha, parla il supertestimone: ecco cosa ho visto

Il senzatetto che abbiamo ribattezzato 'Sasha'
Il senzatetto che abbiamo ribattezzato ‘Sasha’

NOLA-(di Bianca Bianco e Nello Lauro)  Se non fosse stato per lui e per un vicino di casa, forse oggi Sasha non sarebbe vivo. E’ stato grazie al loro tempismo, ed al buon cuore, che il senzatetto massacrato di botte da un gruppo di ragazzi si è salvato ed oggi è in ospedale. Ridotto male ma salvo. Lo ammette anche G.M., nolano, esponente delle forze dell’ordine, che abita molto vicino la casetta delle ferrovie dello stato in cui si è consumato il raid contro il povero Sasha. “Se non ci fossimo attardati a fumare una sigaretta- racconta al giornalelocale- non avremmo sentito i lamenti di quell’uomo e forse sarebbe morto dissanguato”.

Questo angelo custode di Sasha, però, è anche uno dei testimoni chiave di quella maledetta notte. Uno di quelli che ha sentito, più che visto, quanto accaduto ed ha potuto fornire qualche spunto di indagine utile al commissariato di Nola. Il suo racconto è pieno di particolari e importante per capire in che contesto sia maturata l’aggressione al senzatetto. Purtroppo però non ha potuto vedere in viso, e quindi riconoscere, gli assalitori.

Erano le 23,20 circa del 17 marzo. Lei cosa faceva e quando si è accorto di cosa stavo accadendo?

“Ero in casa, una palazzina a tre piani che dà proprio sulla ferrovia. Io abito al secondo piano, ho le finestre che guardano al passaggio a livello. Stavo guardando la televisione con mia moglie e le mie figlie quando ho sentito delle urla. Inizialmente non mi sono meravigliato, capita che in quella zona si riuniscano bande di ragazzi e che scoppi una rissa. Niente di nuovo insomma. Ma dopo poco mi sono reso conto che qualcosa non andava. A gridare, disperatamente, era una sola persona”.

Cosa è successo quando si è reso conto che era in corso un pestaggio?

“Sono sceso, ma quando era intervenuto già un mio vicino di casa. Lui era sceso prima di me ed ha urlato contro quei balordi di smetterla e quelli per tutta risposta hanno scavalcato i binari e si sono avvicinati alla sua abitazione. Lo hanno sfidato, parlavano in dialetto e gli dicevano: “Viene ca ca te spaccamm a capa pur a te”. Poi però sono scappati verso via Laterizio”.

Lei ha potuto vederli in faccia?

“No, le ripeto. Ho solo sentito delle voci, voci di ragazzini di massimo 17 anni. Erano sei o sette,  a circa trenta metri dal mio vicino di casa e anche lui non ha potuto riconoscerli in viso. Di certo erano molto giovani”.

Come sono scappati?  

“Non in scooter come si è detto nei primi giorni. Posso confermare che non avevano motorini e che sono scappati a piedi. Poi non so cosa sia accaduto una volta svoltato in via Laterizio, non li abbiamo visti più”.

A questo punto vi siete accorti  della presenza di Sasha…

“In realtà è trascorsa una decina di minuti. Ci siamo attardati a fumare una sigaretta, a commentare quanto era accaduto e solo grazie a questa sosta provvidenziale abbiamo sentito il lamento del senzatetto. Prima flebile, poi sempre più distinguibile. A quel punto abbiamo deciso di raggiungere la casetta della ferrovia, che quella sera era pure circondata da fango, facendoci luce con delle torce. Siamo entrati nella casetta e disteso su un lettino c’era Sasha che chiedeva aiuto”.

Cosa avete visto entrando?  

“Sasha era coperto per metà da una coperta, aveva il volto pieno di sangue, anche i capelli ne erano intrisi. Ho notato anche sangue su una mano ma devo ammettere che non mi sono subito accorto della gravità della situazione. Lui stesso si lamentava ma non sembrava avere fratture. Ci siamo resi conto di quanto stava male solo dopo, quando abbiamo chiamato l’ambulanza che è arrivata dopo appena dieci minuti. Il medico ha capito che c’erano delle fratture e così noi stessi con gli infermieri abbiamo caricato l’uomo su una barella e lo abbiamo trasportato fino all’ambulanza che non poteva entrare fino alla casetta”. 

Sasha cosa diceva?

“Quando noi lo abbiamo visto gli abbiamo detto di stare calmo e poi gli abbiamo chiesto cosa gli fosse accaduto. Ha risposto “Mi hanno picchiato” e gli abbiamo chiesto chi lo avesse fatto. Ha detto di non conoscere chi lo aveva ridotto in quello stato. Mentre i sanitari lo visitavano diceva che aveva male alle gambe”.

Intorno al giaciglio in cui lo avete trovato cosa c’era?   

“Nella ferrovia c’erano pezzi di legni accumulati, poi ho visto il giaciglio di Sasha”.

Ha visto l’arma o le armi con cui hanno colpito l’uomo?

“Non so dirglielo, c’erano molti pezzi di legno ma non saprei”.

Che idea si è fatto di quanto accaduto?

“Credo sia stata l’azione di balordi. Vede, io abito in quella zona e so che è un ritrovo per ragazzini per farsi uno spinello, per bere una birra. Perciò non mi sono meravigliato quando ho sentito le urla, credevo fosse una rissa. Non mi sarei mai aspettato che potessero arrivare a tanto contro una persona così mite”.

Conosce va giĂ  Sasha?

“Certo. In quella casetta fino a pochi mesi fa vivevano due uomini ed una donna che lì non solo dormivano ma cucinavano anche con un forellino. Poi sono scomparsi ed è arrivato Sasha. Il mio lavoro non mi permette di stare molte ore a casa, ma credo che lui si rifugiasse nella casetta solo di notte per ripararsi dal freddo. La mattina presto, quando portavo in giro il cane, lo incrociavo e mi diceva sempre buongiorno. Educatissimo, un ragazzo che non ho mai visto ubriaco o strano. Non ha mai chiesto l’elemosina. Ha una grande dignità”.

E’ stato in ospedale a trovarlo?

“Certo. Gli ho detto “Mi riconosci?” e lui mi ha detto che aveva capito chi ero. Abbiamo parlato un po’ ma non di quella notte. Gli ho detto che non deve essere testardo e deve farsi operare. Ma lui è fatto così, un po’ insofferente, voleva scendere subito dal letto. Vederlo in quelle condizioni mi ha commosso e scioccato. Quando lo abbiamo trovato sembrava meno grave e invece…”.

Qualcuno ha detto che lei e gli altri che siete intervenuti siete gli angeli custodi di Sasha…

“Sono felice che dicano questo perché vuol dire che gli abbiamo salvato la vita attardandoci in strada e riuscendo a sentire i suoi lamenti. Ma ho un grande rammarico. Se fossi sceso solo dieci minuti prima, io quei balordi li avrei presi”.

Print Friendly, PDF & Email

I PIĂ™ POPOLARI

This site is protected by wp-copyrightpro.com