venerdì, Aprile 26, 2024
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Scuola, crollo investimenti amplia disuguaglianze: al Sud 250mila studenti in meno

Un bambino di Napoli, o che vive nel Mezzogiorno, frequenta la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno rispetto al suo coetaneo che cresce nel centro-nord che coincide di fatto con un anno di scuola persa per il bambino del sud. E’ questa una prima fotografia emersa oggi, in una video illustrazione presentata a Napoli, in occasione dell’incontro “Un paese due scuole”, promosso da Svimez e L’Altra Napoli onlus, presso La casa di Vetro di Forcella, in cui ci si è confrontati sui divari di cittadinanza, tra istituzioni, esperti della scuola, della cultura e del terzo settore.

Come evidenzia l’ultimo rapporto Svimez, infatti, i servizi socio-educativi per l’infanzia sono caratterizzati dall’estrema frammentarietà dell’offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente delle amministrazioni locali. Secondo i dati Svimez, nel Mezzogiorno, circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79 per cento del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. In Campania se ne contano 200 mila (87 per cento), in Sicilia 184 mila (88 per cento), in Puglia 100 mila (65 per cento), in Calabria 60 mila (80 per cento).

Nel Centro-Nord, gli studenti senza mensa sono 700 mila, il 46 per cento del totale. Per effetto delle carenze infrastrutturali, solo il 18 per cento degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno a scuola, rispetto al 48 per cento del Centro-Nord. La Basilicata (48 per cento) e’ l’unica regione del Sud con valori prossimi a quelli del Nord. Bassi i valori di Umbria (28 per cento) e Marche (30 per cento), molto bassi quelli di Molise (8 per cento) e Sicilia (10 per cento). Gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord. La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) è, su base annua, di circa 200 ore.

Circa 550 mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66 per cento del totale) non frequentano inoltre scuole dotate di una palestra. Solo la Puglia presenta una buona dotazione di palestre, mentre registrano un netto ritardo la Campania (170 mila allievi privi del servizio, 73 per cento del totale), la Sicilia (170 mila, 81 per cento), la Calabria (65 mila, 83 per cento). Nel Centro-Nord, gli allievi della primaria senza palestra, invece, raggiungono il 54 per cento. Analogamente, il 57 per cento degli alunni meridionali della scuola secondaria di secondo grado non ha accesso a una palestra; la stessa percentuale che si registra nella scuola secondaria di primo grado.

L’indebolimento dell’azione pubblica nella filiera dell’istruzione incrocia un trend demografico avverso, un fenomeno che causa la riduzione degli studenti. I due fattori rischiano di autoalimentarsi in un circolo vizioso nazionale, ma particolarmente intenso al Sud. La debolezza dell’offerta scolastica e, più in generale, la limitata qualità dei servizi pubblici alimenta il processo di denatalità e i flussi di migrazione giovanile che, a loro volta, comprimono il numero di alunni, con il conseguente adeguamento al ribasso dell'”offerta” di istruzione. Tra il 2015 e il 2020 il numero di studenti del Mezzogiorno (dalla materna alle superiori) si è ridotto di quasi 250.000 unita’ (-75.000 nel Centro-Nord).

Secondo il direttore della Svimez Luca Bianchi, “per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. Il Pnrr è l’occasione per colmare i divari infrastrutturali, tuttavia l’allocazione delle risorse deve essere resa più coerente con l’analisi dei fabbisogni di investimento, superando i vincoli di capacita’ amministrativa. La priorità oggi è rafforzare il sistema di istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord. Garantendo asili nido, tempo pieno, palestre, rafforzando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono. Il quadro che emerge dai dati, e che rischia di rafforzarsi ancor più se passano le proposte di ‘autonomia, e’ quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando proprio la funzione principale della scuola che è quella di ‘fare uguaglianza’”.

Per il vicepresidente della Onlus L’Altra Napoli Antonio Lucidi, intervenuto nel corso della tavola rotonda a Forcella: “Si parla di ‘due scuole’ perché il sistema scolastico nel Sud, rispetto al resto d’Italia, è carente sotto il profilo delle strutture, della capacita’ di attrarre i giovani, perché ha maglie larghe e troppo spesso non riesce a contrastarne l’abbandono degli studi, ed ancora perché la scuola non riesce a trovare sbocchi, una volta terminati i percorsi, nel mercato del lavoro.” “C’è la necessità – dichiara Clementina Cordero di Montezemolo, psicoterapeuta infantile e presidente dell’associazione Yolk – di creare e ricreare un patto condiviso tra la scuola e le famiglie, motivo per cui la scuola dovrebbe assumere un ruolo fondamentale nell’educazione alla vita. L’idea di tenere aperte le scuole nel pomeriggio con una collaborazione pubblico – privato, non solo ha una valenza sociale perché rappresenta un alleggerimento per le famiglie ma anche individuale, di crescita per il singolo, di sviluppo del sè, soprattutto nelle ragazze e ragazzi delle scuole medie”. (fonte agenzia Nova)

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