giovedì, Aprile 25, 2024
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Acqualonga, a 7 giorni dalla strage sotto il viadotto solo silenzio- fotogallery

di Bianca Bianco e Nello Lauro  (da Il Mattino)
MONTEFORTE IRPINO- Maglia fucsia, bermuda e scarpe da ginnastica. Parcheggia la sua utilitaria e scende. Prega davanti ai lumini, si commuove un po’ e va via nella direzione opposta. Dieci minuti dopo, torna. Con entrambe la mani impegnate: un mazzo di rose nella sinistra, una pianta in quella destra. Questa volta non prega. Uno sguardo fugace in su al viadotto e al cielo. Uno lento e interminabile al pioppo dei ricordi dove lascia il suo personale tributo. E va via come è venuto. Senza guardarsi intorno. Senza parlare.
Acqualonga sette giorni dopo è sempre più un cimitero. I lumini rossi e bianchi del primo giorno si sono moltiplicati, come i messaggi, le preghiere e i rosari. Sull’albero una immagine di San Pio con le foto delle vittime del 28 luglio. E’ un lento e continuo pellegrinaggio quello di chi giunge sotto il viadotto della morte: chi prega, chi lascia un fiore, chi morbosamente si affaccia nell’area sotto sequestro per cercare chissà quale dettaglio, quale particolare sfuggito.
Ci sono anche alcune famiglie con bimbi al seguito: vengono da Pozzuoli, la città che ha pagato il tributo di sangue più alto di questa tragedia. Ricordano Luciano, l’ideatore del viaggio (“Ne organizzava tanti e in fretta, era bravissimo”), cercano di capire la dinamica del volo fatale del bus. Si aggrappano alla rete arancione che perimetra l’area della sciagura quasi a scuotere i pensieri, i sentimenti per quei concittadini che hanno incontrato in questa valle d’Irpinia il loro destino.
Poco più in là con la pettorina gialla alcuni degli eroi silenziosi di quella notte. Sono i rappresentati dell’associazione carabinieri in congedo di Baiano. Tornati qui il settimo giorno per piangere, per ricordare, per pregare. Tornati sul luogo dell’apocalisse con negli occhi le stesse immagini che non riusciranno a cancellare. “Non ero più tornato qui” racconta Antonio Napolitano, tre stelle sul petto e gli occhi lucidi. Il suo sguardo quasi si spegne e la sua voce diventa sempre più emozionata. Ogni parola e ogni ricordo diventano un macigno. Fotogramma per fotogramma recupera immagini ancora vivide e choccanti : “Su quell’albero – indica il volontario arrivato tra i primi ad Acqualonga – c’era il corpo trafitto di un uomo. Poco più in là la piccola Arianna salvata dall’abbraccio della nonna. Corpi uno sull’altro, scene raccapriccianti che non riesco a cancellare dalla mente. Come il corpo dell’autista rimasto integro ma che abbiamo recuperato diversi metri sotto la terra”. Un fiume di ricordi, un rosario di emozioni che erano state quasi represse. Ma che ora sono ritornate. Violente e crude davanti a questo viadotto su cui le auto continuano a sfrecciare mentre 30 metri più giù tutto è cristallizzato. Chi domenica scorsa era qui a darsi coraggio per affrontare l’emergenza si riconosce dagli occhi. Poi c’è chi arriva per capire. Come Michele, arrivato in scooter da Nola “perché non riuscivo a comprendere come potesse essere accaduto tutto questo”. Si è fatto 20 chilometri per immaginare lo schianto del pullman, se ne va via senza risposte.
Risposte che il signor Luigi, che piange e scuote la testa davanti al pioppo diventato altare, non cerca nemmeno: “Abito a pochi passi da qui. Quella notte ho sentito lo schianto, ho preferito non andare per non ostacolare i soccorsi. Poi non ho trovato più il coraggio di fermarmi. Oggi dovevo”. Doveva recuperare la forza  di guardare i resti di una tragedia che ha scelto di non vivere. Una forza che si sono dati Pasquale, Carmine, Rita, e gli altri abitanti di Acqualonga che qui hanno deposto una corona di fiori. Una settimana fa erano tra quelli che lottarono tra le lamiere per recuperare sopravvissuti. Oggi ricordano chi non ce l’ha fatta con un messaggio: “Una lacrima per i defunti evapora, un fiore sulla tomba appassisce, una preghiera arriva al cuore dell’altissimo”. Alle 20,20, nell’ora della tragica caduta, oggi ci sono solo gli abitanti della striscia di terra tra Monteforte e Taurano a commemorare i morti di Acqualonga. Le donne si prendono cura amorevolmente di questo posto divenuto sacro. Gli uomini osservano senza commentare. Nessun corteo, nessuna manifestazione ufficiale, nessun politico. Solo silenzio e gente comune. Come i 39 morti del viadotto.

 

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