mercoledì, Maggio 1, 2024
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“Napolinegra”, 25 storie fuori dal comune: quando le persone non sono numeri

La splendida copertina del libro

Venticinque storie di persone venute dal mare. Venticinque storie che compongono “Napolinegra” di Vincenzo Sbrizzi con la prefazione di Isaia Sales,  secondo volume della collana “Cronisti scalzi” che la Iod Edizioni ha dedicato a Giancarlo Siani. Il 37enne giornalista originario di Torre Annunziata, vincitore del premio “Giancarlo Siani” 2020, racconta le storie di migranti che hanno trovato in Napoli il loro porto sicuro. Storie di sofferenza e di forza fuori dal comune, raccontate in modo crudo e diretto con l’obiettivo di far diventare persone coloro che solitamente vengono considerati numeri. Racconti di famiglie abbandonate da minorenni, torture, rischi, botte, vessazioni, schiavitù, ingiustizie e cieca burocrazia. Ma anche sogni, affetti, coraggio, voglia di normalità. Persone che si sono fidate dell’autore e gli hanno concesso di entrare nel loro mondo, spogliandosi di ogni pudore grazie al coraggio di voler urlare cosa sta ignorando in questo preciso istante l’Occidente. Una strage moderna di cui nessuno vuole farsi carico, con l’aggravante che oggi si hanno tutte le informazioni a disposizione eppure si è deciso di ignorarla. Il mio incubo più ricorrente, sin da quando ero adolescente, è quello di trovarmi in mano ai nazisti in un campo di concentramento – scrive l’autore nell’introduzione -. Come tutti gli esseri umani, sono abbastanza codardo da svegliarmi quando nel sonno mi rendo conto che le cose si stanno mettendo male. Parlare con queste persone però mi ha fatto capire che in realtà i nazisti di oggi siamo noi – continua senza mezzi termini -. Lo sono anche io che non sto muovendo un dito. Che a ogni libro che ho letto, a ogni film che ho visto o testimonianza che ho ascoltato sulla Shoah ho sempre esclamato: “Ma com’è possibile che nessuno se ne accorgesse. Com’è possibile che nessuno facesse niente”. Queste persone mi hanno insegnato che invece è possibile perché è quello che stiamo facendo tutti noi in questo preciso istante. I campi di concentramento ci sono in Africa e nell’est Europa ma noi facciamo finta di non vederli. Noi non facciamo nulla. Io non faccio nulla». Queste parole, come tutte quelle del libro, scelte grazie all’editing di Maria Rosaria Vado, sono dei pugni dello stomaco che l’autore infligge a se stesso e ai lettori. Sassi scagliati contro chi ha deciso di assuefarsi all’orrore. iL filo conduttore di tutte storie è  Napoli. Una città sporca, bistrattata, insultata, “negra” come i protagonisti delle storie, ma pronta ad accoglierli. Con tutti i propri limiti, i propri difetti, ma come una madre che non fa differenze tra i suoi figli. A tutti riserva le stesse opportunità e gli stessi pericoli. L’unico posto rimasto in Italia dove essere povero non è un delitto. L’unico posto dove i poveri non voltano le spalle agli altri poveri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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